Torna ancora la tensione tra l’aspirazione a scrivere di critica del paesaggio, indagare, ordinare, classificare l’arte del giardino, e il lavorìo materiale del giardiniere, l’appropriatezza dei suoi gesti essenziali, scaturiti, “per istinto o intuito”, come esito di prossimità e serrata frequentazione della natura, di un’osservazione continuamente orientata dalle sensazioni e dalle emozioni, come risposta attenta di uno stare in dialogo fitto con le voci della vita in giardino. Torna ancora nell’opera e nell’ultimo volume di Oliva da Collobiano, paesaggista di eccentrica, enzimatica sensibilità, scrittrice, pittrice – per chiamar vigile l’attenzione, promotrice di iniziative di divulgazione della cultura del giardino. Torna in questo Superbi, preziosi, inaspettati, magnifici Giardini (pp. 112, € 12,00), sempre pubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina, nella collana dei Quaderni d’Ontignano che annovera da tempo autori come Wendell Berry e Masanobu Fukuoka con un’attenzione alle varie scuole in cui si declina la piccola agricoltura.
Come già nel precedente, Il giardiniere smarrito, dove la ricorrente antinomia era dissolta dall’autrice in un erratico girovagare sempre immerso nel desiderio ordinatore dell’alter ego Andrea Borenstein, e dopo, in Un giardino ancóra, in quest’ultimo suo lavoro si accantona la strada del ricercatore informato per affidarsi ad uno sguardo in più, alle sensazioni. Per ritornare, d’altro canto, alla frequentazione, all’ascolto, allo studio e alla conoscenza profonda, che occorre tuttavia poi dimenticare per farla propria, in un procedere dov’è forte – seppur negata – l’analogia con la sapienza poetica (qui in particolare i limoni e l’upupa del Mediterraneo di Montale). “Sono convinta che se osservo e conosco la vegetazione profondamente facendola mia, posso coglierla e disporla per intuizione. Poi cerco il significato e la ragione, le cause che hanno fatto vibrare l’idea che realizzo”.
Con un andamento che gemma a ogni snodo, si racconta del disagio di un momento di stanca nel progettare giardini, del rischio di assuefazione, dello sguardo ulteriore di uno stare nell’oasi del deserto del Sudan, della lunga ricerca di segni, di nessi per ricomporre le trame di un luogo affidatole da due committenti su un’isola del Sud, del ritorno, dopo una lunga assenza, alle passeggiate serali per visitare gli amici e i loro giardini. È del prender corpo del progetto nell’isola che si narra intimamente – dello studio dei terrazzamenti, delle rimesse, vasche, conche, dei muretti di pietra indagati come miniature; del giardino inteso come organismo unico, portante il bosco diradato, l’oliveto di nuovo impianto e quello, semplificato, del giardino originario; della tradizione, anche quella da fondarsi, ventura, in costante adattamento; dello spazio libero, per il giardino che continuerà, … Ma, qui sull’isola, come in generale, si narra di un procedere verso il giardino per semplificazioni, risalendo l’essenziale, col dispiegarsi dell’ordito di profumi, colori, venti, luci, ombre. In un corpo a corpo che è un abbraccio avvinto con il paesaggio
Annota l’autrice durante la traversata di ritorno sul continente: “preferisco considerare il giardino come un’officina per la verifica e il collaudo, usando le intuizioni che accumulo guardando attorno, quasi spiando per capire come muovermi, come avvicinarmi al paesaggio. Il paesaggio lui stesso fa nascere il proprio giardino”. Prezioso perché sempre inaspettato.
Oliva da Collobiano, Superbi, preziosi, inaspettati, magnifici Giardini, Libreria Editrice Fiorentina, collana dei Quaderni d’Ontignano, pp. 112, € 12,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica III, 35, Supplemento de Il Manifesto del 27 ottobre 2013