L’erbario di Filippo de Pisis

Spie di un’affettività intensa, riservata al mondo delle piccole presenze di quel primissimo piano del paesaggio che calpestiamo, oltreché di un vorace desiderio di conoscere, i fogli che ospitano le piante protagoniste dell’erbario messo insieme da un giovanissimo Filippo de Pisis tradiscono e annunciano uno dei talenti della sensibilità artistica del futuro pittore. Talento affatto particolare della vicenda della sua formazione che variamente si ridissemina poi nel successivo percorso creativo. Se alcuni degli esemplari di erbe catalogati da de Pisis (le stelle alpine) sono datati già al 1907, è però con riferimento al 1909 (i suoi 13 anni) che nei diari compare la prima memoria di una passione per il disporre, in un inattinto anelito ordinatore, le sue collezioni: botaniche ma anche di insetti inspillati, minerali, conchiglie, reperti archeologici. Da allora, de Pisis alternerà agli inverni di studio, primavere ed estati trascorse ad erborizzare campioni della locale flora spontanea. Fino a quando, nel 1917 (ai suoi 21 anni) considerando conclusa questa vicenda scientifica – si era intanto iscritto a lettere, abbandonando il progetto di specializzarsi nelle Scienze naturali –, si libererà della sua ragguardevole collezione di erbe essiccate. I 9 faldoni contenenti gli oltre 1.200 fogli dell’erbario nel frattempo allestito – impresa affatto ragguardevole e pure attendibile dal punto di vista scientifico – vengono donati all’Orto botanico di Padova dove, negli anni trenta, seguendo criteri ordinatori funzionali alla consultazione degli esemplari, finiranno dispersi tra altre collezioni. A dar conto del recente, complesso lavoro di recupero e riordino di questo materiale, ecco ora il volume di Paola Roncarati e Rossella Marcucci, Filippo de Pisis, botanico flâneur. Un giovane tra erbe, ville, poesia, Leo Olschki, pp. 207, € 28. Che, con diversi convergenti sguardo e competenze, affiancano a un’attenta disamina dell’erbario godibili digressioni (sulla storia e il ruolo di Horti sicci, Horti vivi, Horti picti; sulle risonanze intellettuali dell’approntare erbari per filosofi, poeti, artisti dediti a questa passione, da Jean-Jacques Rousseau a Paul Klee, da Sbarbaro a Pascoli a Emily Dickinson), nonché feconde, specifiche, suggestioni interpretative. Perché evidente appare come, nel frattempo del suo andar per erbe, per de Pisis si venisse configurando il circuito di mutue interazioni con gli altri suoi talenti. Nel segno comune di uno sguardo affilato a cogliere fin nei più minuti dettagli le presenze e il risonare del mondo naturale. In quegli anni, miniava sedicenne il Cantico delle creature di San Francesco, scriveva nel 1911 l’opera teatrale Fiore d’autunno, raccoglieva le sue prose poetiche ricche di riferimenti botanici intitolandole a uno dei luoghi di erborizzazione (i Canti de la Croara, 1916), pubblicava interventi sui beni artistici del suo territorio esplorando, nel saggio pubblicato nel 1917, Fiori e frutti nella pittura ferrarese. Echi e prefigurazioni. Dai fogli del suo erbario affiorano, oltre alla disposizione in pagina delle essenze in assonanza, di là dall’atteso linguaggio scientifico, graffite nello spazio spezzato delle etichette, espressioni di entusiasmo e meraviglia, citazioni poetiche, evocazioni di quella interiore topografia dei luoghi del cuore, perché – secondo quanto ricordato dal poeta-lichenologo Camillo Sbarbaro “far raccolta di piante è farla di luoghi” –, note e descrizioni figurative in gemma (quelle “linee di nebbia, linee di ripe, fughe di pioppi” a chiosa per l’Altea comune raccolta a Pontelagoscuro), pirotecnici interrogativi, come quello annotato sul foglio d’erbario dov’è conservato un finocchio spinoso raccolto sulla spiaggia di Riccione: a sapere se quell’erba capitello “À suggerito i motivi nelle rappresentazioni a bassorilievo dei capitelli e delle cornici bizantine?”

Paola Roncarati e Rossella Marcucci, Filippo de Pisis, botanico flâneur. Un giovane tra erbe, ville, poesia, Leo Olschki, pp. 207, € 28, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica, Supplemento de Il Manifesto dell’11 marzo 2012