Oltre il tripudio di fiori e legumi straripanti di là dagli steccati di legno che raccordano gli orti degli austeri masi sudtirolesi a paesaggi vertiginosi di scoscese pendici e alpeggi bordati di conifere, sono rarefatte foto di mani di donna – quelle che attentamente raccolgono, selezionano, custodiscono semi – a raccontare l’essenza della microstoria territoriale degli orti di montagna cui ci introduce Michela Pasquali nel volume Südtiroler Paradies. Orti di montagna, Linaria, pp. 157, € 28,00. Già curatrice della collana Oltre i giardini per Bollati Boringhieri e autrice de I giardini di Manhattan. Storie di guerrilla gardens, Michela Pasquali propone ora, per il tramite di Linaria – organizzazione non profit (www.linariarete.org) che si vuole enzima in divenire, ricombinante creatività e riflessioni critiche, energie, socialità eterogenee, partecipate –, il prosieguo di un impegno a tutto campo nel segno della valorizzazione della diversità come risorsa. “Diversità botanica, sociale, culturale”. Organizzando progetti, eventi temporanei dedicati alla cultura e alla pratica del giardino, aprendo crepe nel consueto e nel previsto, promuovendo ricerca e divulgazione. “Bio e biblio diversità”, appunto. E, primo di una serie di titoli annunciati (su antropologia e questione della natura, storia dei movimenti ambientalisti, orti e giardini nelle scuole, nonché testi di giovani studiosi selezionati dal concorso Linaria tesi), il volume sugli orti di montagna evidenzia proprio diversità e ricchezza biologica di questi universi microcosmo, nonché la loro vitalità in termini di consapevolezza ecologica, trasmissione di conoscenze, cultura, relazioni umane. In una regione crocevia, segnata da contesti ambientali fortemente eterogenei, spesso caratterizzati da clima e condizioni sfavorevoli, dai versanti troppo assolati alle altitudini elevate, gli orti domestici contadini, “unici veri giardini di montagna”, pur nella loro varietà, marcano il paesaggio come un forte segno identitario, di appartenenza al territorio. In una lettura della presenza e della funzione dell’orto di montagna nella storia della regione che segue di pari passo l’evoluzione delle piante – utili e ornamentali – che vi si coltivavano nelle varie epoche, tra le ragion d’essere di questa vitalità emerge la specificità del modello insediativo del maso chiuso, cioè ereditariamente indivisibile, e il ruolo di governo dell’orto da parte delle donne. Le loro mani, il loro agire tradiscono un sapere frutto del fare, in un’interlocuzione continua, rispettosa, proficua, paziente quand’anche ardimentosa, con la natura e la natura dei luoghi. In una logica dove la preservazione dell’equilibrio delle risorse val più di un loro sconsiderato incremento, la salvaguardia del paesaggio e del modello di vita che lo presidia e lo custodisce passa per la trasmissione di quei saperi che l’orto sintetizza. L’impronta di ciascuna di quelle mani femminili, oltreché nella bellezza essenziale, individua, dei tanti diversi ordini e disordini di fiori e aromatiche, di ortaggi e officinali che animano i loro orti di montagna, si protende nella trasmissione di un modello, di una cultura che passa pure, fisicamente, per la raccolta, la selezione, lo scambio di sementi di varietà orticole adattate, non ibridate, magari recuperate, finanche da un vaso di semi ritrovato da una parente dopo la scomparsa dell’anziana conduttrice dell’orto del maso.
Südtiroler Paradies. Orti di montagna, a cura di Michela Pasquali, Linaria, pp. 157, € 28,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica, Supplemento de Il Manifesto dell’8 luglio 2012
Conclude il volume l’illuminante riproposizione in italiano di un saggio del 1927 dell’appassionato botanico Wilhelm Pfaff dedicato, con piglio di etnografo con tanto di informatori sul campo, alla descrizione “in forma comprensibile a tutti” delle piante autoctone e alloctone degli orti contadini. Ma anche, a quella sorta, talvolta, di surrogato degli orti che sono le piante rustiche da davanzale; come poi a quelle dei cimiteri di paese. Con infine un’Appendice sulle piante utilizzate come ornamento personale e nelle cerimonie religiose.
Per confermarci come ormai “anche gli orti si distinguono per le forti contrapposizioni di colori, tendendo più al sublime che al gradevole”. Ma ragionevolmente convenendo sul fatto che “Le attuali piante ornamentali dalla crescita rigogliosa, con fiori vistosi dalle tinte vivaci e dai netti accostamenti cromatici si adattano e incontrano il gusto dei nostri contadini che da sempre prediligono le tonalità sgargianti e contrasti marcati”, chiosando, a chiudere il cerchio, “come rivelano anche i prodotti dell’artigianato locale”.