Che la comparsa dei fiori sulla Terra ben prima di noi, nel Cretacico, costituisca uno snodo imprescindibile nello sviluppo biologicamente determinato del pianeta così come oggi lo conosciamo e che il loro perdurante incalzarci risulti spesso un grimaldello per intendere letture e interpretazioni del nostro mondo, bene si evince dalla pervasiva onnipresenza delle tracce floreali che si ritrovano in varie fasi storiche, in ambiti, contesti e latitudini culturali le più disparate.Ben oltre il loro ruolo di innesco nel mutamento delle fisionomie vegetali – con corredo di strutture, colori, profumi – e nel modificarsi di forme e architetture non soltanto floreali e fin di interi paesaggi, si palesa a ogni piè sospinto il ruolo di tramite che i fiori giocano nel definirsi di modalità alimentari e proiezioni cosmologiche, il loro farsi interpreti del nostro sentire, ispiratori e catalizzatori di suggestioni nelle più diverse forme espressive, dagli archetipici motivi ornamentali al protagonismo floreale nelle più elaborate forme artistiche.
Si cimenta a indagare questo fitto reticolo di trame lo scienziato statunitense Stephen Buchmann nel suo La ragione dei fiori, Ponte alle Grazie Salani, pp. 396, € 22.00, dove procede con il passo doppio dello sguardo ravvicinato dell’entomologo, specialista in impollinazione, in particolare dalla parte delle api, e dell’ampio spettro dell’ecologo. Sono le ragioni più affascinanti, quelle in cui si descrivono con funambolica abilità da divulgatore l’«invenzione» delle piante fiorite e le strategie intese a favorire l’interazione con gli impollinatori tanto da determinare un’inedita accelerazione del ritmo evolutivo. Ma l’aspirazione di restituire poi tutta intera una «storia della fascinazione dell’umanità per i fiori» non dura tuttavia – e come potrebbe ? – nel corso della ponderosa rassegna che sfiora le 400 pagine all’insegna di un impercorribile, omnicomprensivo, sottotitolo enciclopedistico, Storia, cultura, biologia di una creazione sublime. Dove finiscono compresse e appaiate annotazioni sui piccoli fiori dei giardini cinesi e il collezionismo botanico al seguito dei grandi viaggi di esplorazione; gli usi cultuali e funerari dei fiori dalla classicità all’etichetta vittoriana; ricognizioni sulle varianti della cucina dei fiori – al di là di capperi e carciofi –in sciroppi o salse, in insalate o canditi; sul loro linguaggio segreto formalizzato e diffuso nell’800; sui fiori indossati sul corpetto, al bavero o al polso; sui profumi floreali. Per proseguire con la recensione delle loro apparizioni sulla pagina, dai sonetti di Shakespeare, alle fiabe, alle composizioni poetiche giapponesi wake, ai testi delle canzoni popolari, o con la convocazione in appello delle mille forme delle loro raffigurazioni, dalle miniature alle nature morte olandesi, dalla pittura di rilievo botanica ai preraffaelliti e al pop, dalle ceramiche agli arazzi, dalle foto agli scanner digitali, ai fiori “nazionali” su monete, banconote, francobolli …
Al fondo di questo eclettico florilegio di spunti e suggestioni, risuona nella felicità dei giardini come nella salute delle nostre tavole, nell’arte come nel ruolo giocato dai fiori perfino in quel modello di cosiddetto sviluppo che occorre ripensare, la consapevolezza di una predilezione innata per i fiori – forse per la loro perfetta simmetria o per la carica di emotività positiva che ci trasmettono anticipando la stagionale rinascita e i frutti che ne seguono –, che in ogni caso , e ancor più oggi, a fronte delle crisi ambientali e del rischio di estinzione per migliaia di specie, ci implica assieme alla necessità di curarcene. Perseverando in quella felice, stretta interdipendenza tra uomini e fiori delle «piante da compagnia» che va ben oltre l’immediata soddisfazione dei bisogni cui pure concorrono: di là dalla risposta all’interrogativo rammentato dall’autore, “se siano i fiori o gli esseri umani a avere il controllo di questa relazione”.
Stephen Buchmann, La ragione dei fiori. Storia, cultura, biologia di una creazione sublime, Ponte alle Grazie Salani, pp. 396, € 22.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica V, 49, Supplemento de Il Manifesto del 13 dicembre 2015