A fronte dell’acuirsi dei molteplici problemi di difesa idrogeologica del nostro territorio, l’aumento della dimensione dei boschi in Italia, per abbandono o sostanziale disinteresse economico, è una buona notizia. La normale dinamica evolutiva degli ecosistemi forestali significa protezione naturale del territorio.
Il perché ce lo illustra il Romanzo Forestale del novantaseienne patriarca forestale Fabio Clauser (sottotitolo, Boschi, Foreste e Forestali del mio tempo, Libreria Editrice Fiorentina, pp. 196, € 16.00): una sorta di autobiografia in contrappunto con quella degli alberi cui ha dedicato l’esistenza.
Condotta con lieve ironia, qualche amarezza, un’intima, sempre discreta, partecipazione sentimentale, una lucidità di pensiero temperata nella pratica, la scrittura procede tra memoria e ricostruzione documentaria di snodi e contesti, mai disconnessa dall’analisi di aspetti scientifici e tecnici, anch’essi colti nel loro evolvere.
Dalla dogmatica di una selvicoltura di prescrizioni che vuol sostituirsi alla natura – a cui resistere, astenendosi “abusivamente”, come farà l’autore riuscendo a promuovere, negli anni ’50, la prima riserva naturale integrale a tutela del bosco di Sasso Fratino –, fino all’assunzione dell’ecosistema forestale come sistema appunto di imprevedibili, irriducibili relazioni in divenire. Integrando valori economici, estetici e paesaggistici a quelli di conservazione e presidio di biodiversità.
Direttore del Parco Nazionale dello Stelvio, poi sovrintendente delle Foreste casentinesi, Clauser propone una storia forestale del nostro paese introducendoci alle differenze tra bosco e foresta, fustaie e cedui; allenandoci a uno sguardo capace di distinguere paesaggi esterni e interni, quelli della varietà e delle radure; invitandoci a temperare sul terreno gli strumenti di rilevamento e programmazione (fu lui però uno dei pionieri dell’uso delle fotografie aeree nella ricognizione del territorio forestale) .
E nella sua ricognizione, avvicinandosi al contesto dell’oggi dove la nuova militarizzazione del finora dedicato Corpo forestale dello stato (nuova, dopo quella fascista del 1926) si va a sommare alla confusione sulle legislazioni forestali disperse tra regioni, provincie, stato e comunità montane, e dove comunque son sempre più accentuate le funzioni poliziesche a svantaggio di quelle tecniche di salvaguardia, Clauser ci invita soprattutto a “camminare in bosco”, a scendere in foreste “da guardare”, considerando altre temporalità, sul metro degli alberi vetusti. Segnalando per converso la schizofrenia del procedere amministrativo, di paradosso in paradosso: dalla proposta di uno scampato Silvomuseo a Vallombrosa, che avrebbe dovuto testimoniare l’invasiva pratica “storica” del taglio a raso su una delle più antiche abetine che circondano l’abbazia, all’ancora più recente modifica, sull’onda delle note estemporanee “semplificazioni”, di una definizione giuridica di bosco tale da consentire l’abbattimento di rimboschimenti spontanei o meno per recuperare così non meglio precisati “paesaggi storici” naturali.
Fabio Clauser, Romanzo forestale. Boschi, Foreste e Forestali del mio tempo, Libreria Editrice Fiorentina, pp. 196, € 16.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VII, 4, Supplemento de Il Manifesto del 29 gennaio 2017