Nella storia degli ultimi due secoli risulta centrale il ruolo svolto dai movimenti ambientalisti nel complesso e tormentato processo di presa di consapevolezza dell’interconnessione serrata tra i sistemi sociali che ci diamo per abitare il pianeta e le diverse forme di considerazione che riserviamo agli ambienti naturali, nonché di utilizzo, tra sfruttamento e preoccupazioni di conservazione, che facciamo delle sue risorse.
Se l’innesco catalizzatore del moderno ambientalismo, nella sua dimensione di fenomeno sociale dalle vaste ripercussioni, viene fatto coincidere con la pubblicazione a inizio anni 60 del volume Silent Spring di Rachel Carson, presto best seller da milioni di copie tradotto in venti lingue, con corollario di richiamo all’azione, ben prima di allora affondano le radici di culture e sensibilità che lì convergono e che poi variamente si declineranno su scala globale.
E proprio in una dimensione di storia globale, oltre le prospettive nazionali e le visioni eurocentriche, procede lo studio dello storico indiano Ramachandra Guha Ambientalismi. Una storia globale dei movimenti, a cura di Gabriele Mina, proposto ora in italiano dalle edizioni Linaria, pp. 245, € 15,00.
Risalendo alle origini, Guha distingue tre filoni tra le risposte della prima ondata ambientalista all’affermarsi della società industriale e dei suoi effetti più devastanti. La critica morale inglese a cavallo del 900 , di intellettuali come John Ruskin e William Morris, antiurbana e che spesso si propone come ritorno alla terra, ma dove pure si anticipa il legame tra protezione dell’ambiente e riforme sociali (il National Trust prima maniera); il tentativo degli scienziati conservazionisti di mitigare eccessi in una sorta di ideologia scientifica del “rendimento sostenibile”, declinato specialmente in contesti coloniali, nell’applicazione unidirezionale di modelli di sfruttamento forestale, spesso in conflitto con gli usi collettivi delle comunità locali; l’affermarsi in vari gradi della filosofia di protezione della wilderness, la tutela della natura selvaggia con l’istituzione negli Stati Uniti dei parchi nazionali, e poi le prime affermazioni di un’etica della responsabilità a partire dalla vita quotidiana, che lascia intravedere, con Albert Leopold, l’opzione di una riorganizzazione dell’economia sulla base di principi ecologici .
Premesse di una specifica sensibilità spazzate via dalle urgenze del secondo conflitto mondiale, e quindi dall’ideologia dominante dell’espansione economica postbellica, con relativo, inesausto sfruttamento delle risorse naturali.
Premesse scomparse per variamente riapparire in un procedere carsico nella nuova stagione dell’ambientalismo ripercorsa nel volume. Da Silent Spring, appunto, agli studi sui limiti della crescita del Club di Roma; dalle nuove forme di attivismo e di partecipazione giovanile condivise con altri movimenti a cavallo degli anni 70, allo specifico ruolo politico dei Verdi tedeschi. Fino a esiti di burocratizzazione dei movimenti nelle strutture governative; e fino ai contro-movimenti che prospettano forme più radicali e contestatarie, dall’ambientalismo della Deep Ecology, distante però dalla dimensione sociale, al movimento invece sulla giustizia ambientale, che si concentra sulle discriminazioni nello smaltimento dei rifiuti tossici.
Nel procedere transnazionale della sua analisi, Guha documenta poi – contro un assunto che vorrebbe l’attenzione ambientalista esclusiva delle nazioni ricche del pianeta – il rilievo significativo di un ambientalismo terzo mondista, “altro” o subalterno, dal Brasile, all’India, alla Thailandia, fortemente connesso alla difesa di forme di accesso alle risorse e quindi di giustizia sociale.
E proprio evidenziando il nesso tra diseguaglianze, salute, ambiente di vita e lavoro, riprende il filo di molti dei temi del volume e li attualizza al contesto italiano l’impegnata Postfazione firmata del direttore dell’Environmental Humanities Laboratory di Stoccolma, Marco Armiero.
Ramachandra Guha Ambientalismi. Una storia globale dei movimenti, a cura di Gabriele Mina, Postfazione di Marco Armiero, edizioni Linaria, pp. 245, € 15.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VI, 33, Supplemento de Il Manifesto dell’11 settembre 2016