È davvero difficile districare il bandolo della matassa che reciprocamente intreccia giardini e pittura provando a risalire uno soltanto dei due fili. E se ci risulta più consueto e variamente praticato il percorso che dal giardino muove verso la pittura – che vede quindi il giardino come tema iconografico, testimone per quel tramite del suo conformarsi nello spazio, del suo ospitare e attivare pratiche sociali, del suo proiettarsi così raffigurato nell’immaginario che innesca – pure esso sempre inestricabilmente si intreccia con l’indirizzo inverso.
Quello teso a inseguire i modi molteplici in cui la pittura si può far modello per il giardino e le ripercussioni che da essa si riverberano su i giardini. Tema assai più sfuggente e molto meno indagato. Se non nella vulgata che vuole la pittura di paesaggio di Lorrain e Poussin modellare idealmente suggestioni e stilemi che saranno poi all’origine di configurazione e composizione degli spazi del settecentesco giardino paesistico inglese.
Si propone ora di privilegiare questa seconda via il volume curato da Hervé Brunon e Denis Ribouillault, De la peinture au jardin, raccolta di saggi in diverse lingue esito del convegno all’Accademia di Francia di Villa Medici del 2011, Olschki, pp. 373, € 45,00.
E lo fa in una sua articolazione ricca di campionature e di nuovi assunti teorici. Nelle diverse fasi storiche e in diversi ambiti geografici e contesti culturali (secondo un’indicazione comparativista che ancora resta da percorrere, ma che getta luce ad esempio sui rapporti tra Giardini pittorici e pittori giardinieri nella Spagna tra 8 e 900). Tra imitazione, emulazione, traduzione, le modalità di transfert artistici tra media diversi scartano assumendo la mobilità e l’immersione dell’esperienza sensoriale del soggetto che mette in relazione a una unità percettiva i diversi oggetti che compongono la “trama del paesaggio”.
Sulla base della riconsiderazione di categorie interpretative come rappresentazione e intermedialità, le analisi focalizzano le forme di affinità e relazione tra pittura e giardino per come risultano mediate dalla condivisione di competenze e di estetiche; per il tramite di modi e modelli letterari (l’influenza della pittura nei giardini dei letterati della Cina antica di Yolaine Escande), teatrali, scenografici; del paradigma dell’ottica e della prospettiva (Georges Farhat, sulla Francia tra 1550 e 1700) e poi della fotografia (Stephen Bann su Ian Hamilton Finlay); delle influenze dell’architettura e delle arti plastiche sul lavoro dei paesaggisti americani del 900 (Marc Treib). E proprio quest’ultimo suggerisce, fin dal titolo del suo contributo, Landscape into Art into Landscape, oltre la bidirezionalità di prestiti e scambi tra forme di creazioni, la strada della circolarità del processo di interazione, di relazioni permanenti tra domini mediatici.
Per sempre tornare ai giardini. Dalle forme biomorfiche del surrealismo per Thomas Church e Garrett Eckbo, dalla pop art per Martha Schwartz, e dal minimalismo per Peter Walker, passando per la continua ricerca tra bidimensionalità e volumi, dalla tela alla vegetazione del pittore paesaggista Roberto Burle Marx, e, nella progressione di Art into Landscape as Art, per un paesaggio opera d’arte abitabile per lo scultore paesaggista Isamu Noguchi.
De la peinture au jardin, a cura di Hervé Brunon e Denis Ribouillault, Accademia di Francia, Olschki, pp. 373, € 45,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VI, 40, Supplemento de Il Manifesto del 30 ottobre 2016