Restituire al complesso di teorie e pratiche detto fengshui, letteralmente “vento-acqua”, o geomanzia cinese, il suo rilievo ermeneutico, di lettura di un territorio capace di trascriverne la multiforme ricchezza di segni, di tracce simboliche e reali, e capace di riconoscere in esso la positività di un sito, individuarlo valorizzandone l’aspetto fausto, in vista dell’inserimento nell’ambiente naturale di dimore umane.
È un ritorno alle fonti quello che compie Maurizio Paolillo proponendo ora la sua traduzione diretta dal cinese classico in italiano di uno dei testi fondativi degli insegnamenti del fengshui, risalendo lo stretto crinale che spesso ne ha visti gli sviluppi distratti in occidente tra critica scientista e uso disinvolto al seguito di mode variamente new age.
Seppure solitamente attribuito a uno dei maestri della tradizione geomantica tra III e IV secolo, lo Zangshu è opera nella versione pervenutaci riconducibile ai secoli IX-X. Letteralmente, Libro delle sepolture, perché destinato all’individuazione dei luoghi più opportuni per ospitare le dimore dei morti. Dove però gli stessi principi valgono anche per l’individuazione delle dimore dei vivi.
Testo impervio e specialmente per gli strumenti analitici del pensiero occidentale, repertorio di occasioni, espressione già conformata di un ricco, immaginifico vocabolario funzionale alla lettura degli elementi e delle variabili del paesaggio. Paesaggio significativo, a saperne cogliere le “corrispondenze che reggono i rapporti tra le cose”. Paesaggio-drago percorso dal “qi vitale”, l’energia cosmica che pervade tutti i livelli del mondo manifestato, paesaggio di cui occorre saper leggere le “vene” nascoste nella fisionomia del territorio, dove riconoscere diecimila cavalli che discendono dal cielo piuttosto che il dorso di un paravento, un abaco gettato via, una giara inclinata, una pentola rovesciata, un serpente che trasalisce… Tasselli de La lingua delle montagne e delle acque evocata nel titolo riassuntivo del volume dove Paolillo incastona l’analisi del testo tradotto, in un doppio saggio su Lettura e significato del paesaggio nella tradizione cinese, e poi su I fondamenti del paesaggio secondo lo Zangshu (Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche/Canova, pp. 179, € 20). Inquadrando il fengshui nel più ampio contesto della cosmologia cinese e del cosiddetto pensiero analogico, fondato sulla corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, dove anche l’uomo partecipa con la propria “geografia interna”; evidenziando, secondo il principio di risonanza, le affinità con altre declinazioni del pensiero cinese, dall’esperienza poetica alla pittura di paesaggio. Forma e configurazione, importanza di un’osservazione da lontano del paesaggio per riconoscere le linee di energia che lo animano, ma specialmente comune visione del paesaggio come totalità vivificata dal qi; una concezione dello spazio qualitativo, da riconoscere nelle sue eterogeneità, e cui “conformarsi”. Un’arte del conformarsi, quella del geomante, che tornerà poi anche nell’“estetica dell’artificio” nell’antica arte dei giardini cinesi.
• Sempre a cura della Fondazione Benetton Studi Ricerche, merita segnalare, di risonanza in risonanza, l’appuntamento della settimana prossima, il 20 e 21 febbraio a Treviso, per le Giornate internazionali di studio sul paesaggio, quest’anno dedicate all’artista-giardiniere olandese ispiratore di Ecokathedraal, Louis le Roy, e intestate a Curare la terra. Luoghi, pratiche, esperienze.
Maurizio Paolillo, La lingua delle montagne e delle acque. Libro delle Sepolture (Zangshu) e la tradizione della geomanzia cinese (Fengshui), Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche – Canova, pp. 179, € 20, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica IV, 7, Supplemento de Il Manifesto del 16 febbraio 2014