Concepita nella Firenze degli anni Venti del Novecento da uno dei principali protagonisti della cultura orticola del tempo, ma rimasta inedita e a lungo introvabile, manoscritta e fin qui ritenuta perduta per quanto ne affiorassero le tracce anche nelle parole di Pietro Porcinai, l’imponente opera di Angiolo Pucci su I giardini di Firenze si avvia ora a vedere la luce dopo una fortunosa indagine di recupero per i tipi della casa editrice Olschki nella preziosa collana Giardini e paesaggio e la cura filologica e interpretativa del provato duo Mario Bencivenni e Massimo de Vico Fallani.
Prima di entrare però nello specifico dei suoi giardini fiorentini, Angiolo Pucci intitola il primo volume dei sei che aveva previsti a I giardini dell’Occidente dall’antichità a oggi. Un quadro generale di riferimento (vol. I, pp. 404, € 38,00). In quello che risulta il tentativo di inquadramento e ricomposizione di una Storia generale dei giardini forse di maggior respiro operato allora in un’Italia dove scarseggiano ricognizioni dedicate e analisi documentarie condotte secondo un approccio storico-filologico e stentano ancora a diffondersi le proposte interpretative della trattatistica d’oltralpe, da Edouard André a Loudon, da Alphand a Jäger. Trattatistica che, spesso dichiaratamente, Pucci segue invece da presso (mutuandone anche parte nel ricchissimo corredo iconografico) facendosene veicolo e che pure integra con una sua originalità nel dibattito storiografico italiano (la centralità del modello del giardino rinascimentale italiano sui successivi sviluppi, e però il suo innesco in Firenze prima che nella Roma del Belvedere del Bramante), fino a ripercorrere gli esiti più recenti nella penisola delle diverse declinazioni della rivoluzione del giardinaggio all’inglese.
Poggi arricchisce il quadro di numerosi e non scontati riferimenti a casi regionali, centrando il suo assunto sullo specifico delle componenti orticole e botaniche, che vuole però strettamente interconnesse al contesto storico-artistico. E questo in particolare vale, oltre quella sorta di irrinunciabile “proemio” e cornice interpretativa, quando Pucci entra nel merito del particolare dei giardini fiorentini, e lo fa, nel secondo volume, con un incedere affatto innovativo: con la scelta di prendere avvio, piuttosto che non dai più noti giardini medicei o granducali, proprio dai Giardini e passeggi pubblici (vol. II, pp. 552, € 48,00), segnalandone il rilievo civile e come discrimine indicando proprio la diretta amministrazione pubblica di questo patrimonio verde dopo il passaggio delle proprietà alla comunità locale.
Docente, pubblicista e divulgatore di discipline orticole, ma anche erede di una famiglia di tecnici del giardino, Angiolo Pucci fu infatti testimone diretto dei grandi cambiamenti urbanistici avvenuti sull’onda dell’episodio di Firenze capitale, anche con l’istituzione del primo sistema organico di verde pubblico cittadino.
E tra minute ricostruzioni storiche, descrizioni di luoghi e collezioni botaniche, scavo archivistico e ricerca documentaria, aneddoti, foto d’epoca e cartoline, nel volume passo passo ci conduce per giardini come in una premurosa visita guidata per cerchi concentrici, dalle Cascine ai viali, dall’esterno all’interno del centro storico. Mentre il terzo volume, che s’annuncia in preparazione, è dedicato a Palazzi e ville medicee, e a completamento dell’opera si attendono quelli dedicati a Giardini e orti privati della città, poi del Suburbio vecchio e nuovo di Firenze e ancora ai giardini dei Comuni della cintura di Firenze.
Angiolo Pucci, I giardini di Firenze, a cura di Mario Bencivenni e Massimo de Vico, Olschki Giardini e paesaggio: Vol. I, I giardini dell’Occidente dall’antichità a oggi. Un quadro generale di riferimento, pp. 404, € 38.00; Vol II, Giardini e passeggi pubblici, pp. 552, € 48.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VI, 4, Supplemento de Il Manifesto del 24 gennaio 2016