Luogo fisico e metaforico quant’altri mai capace di calamitare aspirazioni e timori fino a ospitare intere cosmogonie, il bosco si declina in mille gradazioni di forme e significati tesi tra gli estremi che alternativamente lo vogliono sacralizzato o rassicurante, domesticato o temibile, tramato dall’incertezza dell’ombra eppure teatro di improvvise lucenti epifanie, scenario liminare di una quotidiana condivisione di risorse per tante comunità di villaggio e innesco di utopie, ricovero e protezione, funzione narrativa della ricerca, della quête.
A conferma dell’attualità feconda di un tale tema di ricerca, l’edizione di quest’anno delle Giornate internazionali di studio sul paesaggio promosse dalla Fondazione Benetton si intitola Sul ritorno del bosco. Tenutasi la settimana scorsa a Treviso con il coordinamento scientifico di Luigi Latini e Simonetta Zanon e nel solco di un pluriennale lavoro di studio inteso a distillare un’etica in azione per la cura dei luoghi, la due giorni di incontri tra alcuni dei maggiori studiosi e protagonisti internazionali della cultura del paesaggio ha indagato con ricchezza di diverse e ultradisciplinari letture tanto gli scenari della preoccupazione diffusa nell’opinione pubblica per le deforestazioni, che le discordi reazioni di fronte a una nuova avanzata del bosco in ragione dell’abbandono di pascoli e coltivi, la ripresa di attenzione per gli usi condivisi del bosco di prossimità come elementi che rinsaldano la connotazione sociale del paesaggio, e, specialmente, le molte forme e valenze assunte dall’elemento bosco, nell’immaginario come nel suo consistere, in natura come nella sua trasposizione nel disegno e nella composizione del paesaggio, fin nelle più artificiali declinazioni nell’arte del giardino. Con il contrappunto di interventi ludici come la lettura scenica dei boschi protagonisti dell’Orlando furioso (Barbera) e la cine-istallazione ispirata a un antico culto arboreo lucano, Alberi di Michelangelo Frammartino.
Se l’approccio estetico ripercorre fino al contemporaneo le tappe del modo occidentale di articolare la relazione con il bosco tra dominio della tecnica e trasposizioni dell’immaginario (López Silvestre) e la sua imprescindibile figura viene storiograficamente inquadrata per il tramite della dialettica selvatico-domestico (Matteini), forestali e ecologi propongono analisi di dati su tendenze della ricolonizzazione dei sistemi forestali e benefici economici di funzioni e servizi ecosistemici e ambientali derivati (Scarascia Mugnozza e Marchetti), nonché su auspicabili paesaggi produttivi in grado di dialettizzare le risorse territoriali. Mentre il bosco come unità linguistica variamente richiamata all’ordine si ritrova nella genealogia suggerita da Marc Treib, dal Cimitero nel Bosco di Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz vicino Stoccolma, alla “foresta climax” del parco del Gulbenkian a Lisbona, alla disposizione degli alberi piantati da Kiley in progressione geometrica alla Fibonacci. Fino alle griglie di querce bianche spericolatamente “tutte uguali” proposte da Peter Walker nella presentazione del suo National 9/11 Memorial.
Sempre persiste sottotraccia nelle giornate trevigiane l’irriducibile valenza politica e civile di questo interrogarsi. Perché, con Georges Descombes tra gli altri, e la sua immaginazione topografica, se non possiamo guarire il mondo, pure evidenziandone una piega, magari con alberi marcatori, intensificatori, possiamo intanto sensibilizzarne l’animo raggelato. Così, nella sezione Boschi e luoghi dell’abitare si presentano l’esperienza del milanese Boscoincittà, bosco urbano realizzato a partire dal 1974 con l’impegno di Italia Nostra, volontari e comitati di quartiere (Luca Carra), e le analisi e proposte esito di un recente workshop promosso dalla Fondazione stessa per la realizzazione, sul terreno abbandonato e reinselvatichito dell’ex polveriera del Montello, nel comune trevigiano di Volpago (illustrato da Thilo Folkerts), di un bosco pubblico che veda il coinvolgimento diretto dei cittadini.
Con l’incommensurabile suo moltiplicarsi di moduli arborei, radure, biforcazioni, snodi e sentieri interrotti, e l’infinitamente variato assortirsi delle relazioni che li traversano, il bosco evoca infatti al tempo stesso l’irriducibile complessità di un’inestricabile combinazione di elementi e ancora la loro sintesi in un insieme di interconnessioni riconducibili a un archetipico, ricomposto sistema d’ordine. Come forse altrimenti soltanto vale per la città, magari, quell’Alberoburgo, città-foresta in cammino, protagonista dell’utopia fiaba teatrale di Calvino.
Sul ritorno del bosco – Giornate internazionali di studio sul paesaggio promosse dalla Fondazione Benetton Studi e ricerche, 18-19 febbraio 2016, Treviso, coordinamento scientifico di Luigi Latini e Simonetta Zanon, su Alias della Domenica VI, 9, Supplemento de Il Manifesto del 28 febbraio 2016