Che la comparsa dei fiori sulla Terra ben prima di noi, nel Cretacico, costituisca uno snodo imprescindibile nello sviluppo biologicamente determinato del pianeta così come oggi lo conosciamo e che il loro perdurante incalzarci risulti spesso un grimaldello per intendere letture e interpretazioni del nostro mondo, bene si evince dalla pervasiva onnipresenza delle tracce floreali che si ritrovano in varie fasi storiche, in ambiti, contesti e latitudini culturali le più disparate. Leggi tutto “Buchmann e la compagnia dei fiori dal Cretacico”
Anno: 2015
I prati fioriti di Elisa Tomat
Per quanto, come testimonia il rovello del Palomar di Calvino alle prese con il suo prato infinito, di esso non sia data conoscenza, men che mai sistematica, né certo sia praticabile la via di una filologica ricomposizione del miscuglio dei prati di erba e fiori selvatici che ci meravigliano in natura, pure dallo studio delle associazioni botaniche delle praterie nel trascorrere delle stagioni possono ben venire variopinte suggestioni e informazioni puntuali per nuovi modelli compositivi anche in giardino.
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Storia ‘planetaria’ del giardino. Oggi
Con quella cornucopia di fiori sbalzati in rilievo sulla copertina rilegata in tela salmone, le sue 490 pagine che impressionano per la mole del formato e l’ambizione del dar conto planetario, nessun continente escluso, dello stato dell’arte della storia del giardino, questo volume si propone plasticamente come l’esito di lungo periodo e di multiformi sfaccettature di un’impegnativa operazione editoriale per un vasto pubblico internazionale. Leggi tutto “Storia ‘planetaria’ del giardino. Oggi”
Giardini pantagruelici
Quale filo riconnette l’ambito pasticciero del gâteau magique con l’animismo del giardino cosmologico di Quai Branly del teorico del paesaggio Terzo, Gilles Clément? Cosa collega i biscotti di pan di zenzero con i trasparenti Giardini di vetro, composizioni con funzione centrotavola realizzati in tutti i dettagli dagli artigiani di Murano per i banchetti della Serenissima e di nuovo poi in ambito art déco? E come si finisce, partendo dai paesaggi tunisini degli acquarelli di Paul Klee, e dalle sue scacchiere di colore, via costruttivismo sovietico, passando per la spirale della Torre di Tatlin per la Terza Internazionale, per arrivare ad una multipiano torta Madeira? Leggi tutto “Giardini pantagruelici”
Zarpellon. Dire e sceneggiare le erbacee perenni
È con il passo lento dell’inverno, stagione del riposo che anche in giardino invita ad accogliere i segnali della natura con un’attenzione più meditata, che si avvia il manuale-memoriale, zibaldone di esperienze e sperimentazioni, considerazioni e consigli del giardiniere Maurizio Zarpellon, specializzato in erbacee perenni che osserva, accudisce, allestisce e sceneggia a partire dal suo vivaio nel fondo di una valle delle Alpi Marittime. Leggi tutto “Zarpellon. Dire e sceneggiare le erbacee perenni”
Hornung e le rose italiane
Di già in altra occasione Andrew Hornung, germanista anglosassone acclimatato per passione allo studio della cultura orticola italiana, aveva rimarcato come da noi l’approccio al giardinaggio sia prevalentemente minerale, architettonico piuttosto e poco botanico; e come tuttavia nella prima metà dell’Ottocento una serie di circostanze abbiano determinato qui un primato di cultura orticola e sperimentazione scientifica, verificatosi proprio sul terreno d’elezione dei suoi interessi di studio, che è l’ibridazione delle rose italiane. Ora Hornung dedica a questo tema assai poco indagato un volume che distilla il frutto delle sue lunghe, puntuali ricerche Le rose italiane. Una storia di passione e bellezza dall’Ottocento a oggi (Pendragon, pp. 252, € 22,00), a partire da una vera e propria prima ricomposizione sistematica di un corpus documentario disperso e frastagliato: cataloghi e manuali, registri e annotazioni degli ibridatori, genealogia di istituti, riviste, concorsi, mostre, recensioni e premi. Leggi tutto “Hornung e le rose italiane”
Il tessuto vegetale delle ville venete
Una qualsivoglia ricognizione tra i giardini delle ville venete sconta inevitabilmente l’aleatorietà di una definizione dove molteplici e variegati episodi finiscono per convergere sulla base di una comunanza fondata certo, piuttosto che su un’appartenenza territoriale, su un apparentamento storiografico-culturale – il riferirsi con un termine ombrello a una tipologia fattasi fin modello. E che spesso, con il trascorrere dei secoli, a partire da quel modello, incorpora stratificazioni di interventi, variazioni e ritorni del gusto.
Tra i numerosi giardini sparsi tra Verona, Padova, l’alto Vicentino, la Marca trevigiana e la Riviera del Brenta – formali, seicenteschi, quelli di “casa di villa”, esito dello studio dell’antico in architettura, le rivisitazioni neoclassiche, quelli ospiti di singolari presenze lapidee e collezioni botaniche, le varianti di ritorno del parco all’inglese – Camilla Zanarotti ne sceglie 26 nel suo I giardini delle ville venete (Silvana Editoriale, pp.192, € 35), presentandoli in schede essenziali dove per ciascuno tratteggia l’origine e la vicenda dell’insediamento, le committenze, gli interventi di progettisti e realizzatori e, ripercorrendone la stratigrafia spesso fino ai recenti restauri, ne enuclea volta a volta le specificità e gli elementi salienti dal punto di vista compositivo, degli arredi, botanico.
L’erbario costituente di Calamandrei
• Niente affatto eccentrico rispetto alla personalità poliedrica e alla vicenda umana e intellettuale del futuro insigne studioso di diritto e padre costituente Piero Calamandrei, l’erbario di oltre 220 piante che questi appronta negli anni giovanili del ginnasio testimonia l’innesco di quell’inesausto dialogo che caratterizzerà tanta parte del suo sentire. Dialogo con il mondo vegetale che in molte, disparate occasioni si rifletterà nei suoi scritti in suggestioni e metafore naturalistiche, interlocuzione che muove sempre in relazione stretta con la fisionomia amica di luoghi dove, “specialmente in Toscana, ogni borgo, ogni svolto di strada, ogni collina ha un volto, come quello di una persona viva”, dialogo che perdura mentre si interroga, fin poi nell’impegno politico, sui crucci – e la cordialità – di quegli uomini semplici che salutano per primi, sempre teso alla ricerca di una dimensione culturale, etica, del diritto.
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Versailles. Parco vocazione
Un avvio fulminante, dove come in presa diretta si racconta la tempesta che al volgere del millennio – il 26 dicembre 1999 –, oltre a segnare buona parte della fisionomia arborea della Francia centrale, sfigura il parco della reggia di Versailles. Vento oltre i 160 km orari, per ore, rumore assordante e poi il silenzio irreale, cozzare di tronchi e colline di terra sollevate in aria al venir via delle radici e al loro posto profondi crateri. Più di 18.000 alberi distrutti o divelti, la conta dei patriarchi sradicati e di quelli sopravvissuti, i viali di fronte alla reggia scompaginati. Intorno, le strade interrotte, gli animali fuggiti. Impossibile riconoscere il disegno di quello che siamo abituati a considerare come un modello di ordine e armonia, geometrica proporzione e simmetria. Anche per chi in quel parco vive e lavora da oltre vent’anni, oramai come capo giardiniere, e di fronte alle perdite irrecuperabili, alla prospettiva di un giardino impraticabile per chissà quanto tempo, alla difficoltà di reperire le risorse per avviare il restauro, all’arrivo degli elicotteri dell’esercito in soccorso, prima di riprendere in mano organizzativamente la situazione, vince la sua abituale timidezza e, oltre la sua indole riservata e le lacrime, racconta con passione i danni della tormenta davanti ai media accorsi a constatare il disastro, innescando così una solidale reazione collettiva con conseguenti donazioni e sostegni al ripristino. Leggi tutto “Versailles. Parco vocazione”
Cerić, un giardino a Sarajevo
Ritorna il tema del giardino come rifugio, come straordinaria opportunità di resistere all’incalzare disumanizzante del fragore che si proclama modernità. Giardino come pacificante, residuale occasione di ri-centrarsi sull’essenziale, sul senso di appartenenza a quanto con noi abita la terra. Ma questa volta non è un solo giardino, a suo modo paradigmatico, come nel caso del Greystone immaginato ne Il giardino perduto di Jorn de Précy–alias Marco Martella, fondatore in Francia di Jardins, rivista di filosofia e poetica del giardino. Leggi tutto “Cerić, un giardino a Sarajevo”