Nel brulicante, spesso da noi malvisto mondo degli insetti, che da 400 milioni di anni popolano la terra in stragrande maggioranza (oltre 900.000 le specie catalogate contro 400.000 piante e 5.400 mammiferi), le farfalle godono di uno statuto eccezionale.
Certo, per l’attrazione indotta dalla metamorfosi che permea il loro ciclo di vita. Da uova a bruchi, da bruchi a crisalidi, per trasformarsi ancora poi nello stadio finale adulto, detto immagine. Ma, prima ancora, per la speciale reazione che i colori delle farfalle scatenano sui nostri meccanismi di visione e elaborazione neuronale.
Primordiale e universale, il linguaggio delle farfalle è per antonomasia il linguaggio del colore. Un volteggiare palpitante di ali iridescenti che ci colpisce in maniera diretta, viscerale. Una fascinazione irriducibile che si impone all’anima (psiche, che in greco vale anche farfalla), in una relazione travolgente, spesso fin da bambini. Con punte estreme che si spingono fino all’estasi o alla dipendenza.
Scienziati, ladri e collezionisti che hanno inseguito e raccontato l’insetto più bello del mondo è non a caso il sottotitolo parlante del volume che la giornalista scientifica Wendy Williams dedica a La vita e i segreti delle farfalle, Aboca, pp. 300, € 24.00, traduzione di Maurizio Riccucci. Intrecciando i fili della storia evolutiva e delle specificità biologiche di questa prediletta creatura con quello di questa nostra irriducibile passione. Dal postino cacciatore di farfalle che all’inizio del Novecento scoprì e descrisse la Fender’s blue, al leggendario banchiere Walter Rothschild collezionista di oltre 2 milioni di esemplari, passando per il romanziere e lepidotterologo Vladimir Nabokov e per il contrabbandiere di farfalle Hisayoshi Kojima sorpreso ancora nel 2006 a vendere rarissimi esemplari, fino alla moltitudine di appassionati, oggi partecipi dei progetti di monitoraggio e rinaturalizzazione delle farfalle sempre più minacciate dalla riduzione degli ecosistemi loro congeniali.
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