Le piante pensanti

Può sembrare ben strano, ma se finalmente ci si sottrae alla visione occidentale antropocentrica e ai suoi parallelismi indotti, appare evidente come una serie di comportamenti vegetali rivelino processi cognitivi che individuano una sorta di psicologia delle piante.
È quanto ci illustra, procedendo puntuale nella divulgazione delle più recenti acquisizioni scientifiche conseguenti spesso a inusitate, spericolate sperimentazioni, lo psicobiologo “vegetale” Umberto Castiello, docente di questo inedito insegnamento dell’Università di Padova.

Capacità di percepire consapevolmente il mondo, rilevazione e elaborazione multisensoriale dei dati, movimenti, delle parti aeree come delle radici, intesi deliberatamente a un obiettivo (arrampicarsi, ripiegarsi delle foglie di fronte a un pericolo, chiudersi per catturare una preda nel caso delle carnivore), memoria che integri esperienza e presente, apprendimento, interazione e comunicazione (acustica, chimica, sotterranea), valutazione del rischio e capacità di decidere (quando fiorire, quando germogliare), distinzione del sé e degli altri, strategie sociali in forma di comportamenti competitivi o cooperativi, son tutti capitoli che, individuandone sub specie vegetale i processi cognitivi, articolano La mente delle piante. Introduzione alla psicologia vegetale, il Mulino, pp. 175, € 14,00.

Per quanto spesso inevitabilmente stretti tra prestiti metaforici che indossano il nostro, umano, animale, punto di vista, riflettere sull’alterità delle piante, sui loro fondamenti biologici, come pure sul loro successo evolutivo, oltreché avvicinarci a un regno come si diceva con esperienze sensoriali qualitativamente diverse e regole affatto proprie, ci permette di riflettere per differenza. Quantomeno di approcci e metodologie, simulando situazioni sperimentali ad esempio in ambito decisionale, dove la “semplicità” delle piante sembrerebbe ridurre il peso delle variabili emotive. O quantomeno di quelle umanamente intese.

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Giardino. La cura del sé

Son molti i livelli sui quali si gioca la suggestione dell’analogia tra giardino e vita interiore. E non è certo un caso che spesso quella precipua capacità del giardino di render palesi, e perfin concreti, condizioni e stati psichici si ritrovi riflessa in metafora anche nel nostro parlare condiviso, dove una serie di pratiche e attività legate alla cura del giardino rivelano un’evidente valenza terapeutica.

Con la sua duplice esperienza di psicoterapeuta e architetto di giardini e con lo sguardo in andirivieni tra mondo esterno e condizione interiore, tra fuori e dentro di sé, Ruth Ammann indaga e racconta il giardino come spazio-dimensione, intermedio tra polarità. Tra natura e cultura, progetto e spontaneità, spirito e corpo, coscienza e inconscio (Il giardino come spazio interiore, Bollati Boringhieri, pp. 116, euro 18).

Per la vitalità delle sue capacità trasformative, come pure per la sua incertezza e imprevedibilità, il giardino risulta così ripetutamente occasione di analisi e immaginazione. Esperienze terapeutiche e di vita, ermeneutica di miti, fiabe e poesie, interpretazione di ricordi e sogni traversano il giardino per via di immagini, temi, simboli e archetipi. Dalla porta alla recinzione, spaziando tra quanto è corporeo e che pure si combina con l’immateriale, dal gioco all’esperienza della relazione, o dell’incontrarsi con il divino, dalla pratica del giardino come cura del quotidiano che ci proietta sul terreno della vita attiva all’educazione alla lentezza e al lavoro manuale come fonte terapeutica, antidoto al negativo.

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Karel Čapek. Il giardiniere dissacrante

Con L’anno del giardiniere, torna la classica riproposizione di quel tipo di meditazione che viaggia per il tramite del giardino (Elliot Edizioni, pp. 128, € 13,50). Una sorta di dissacrante meditazione sul tempo, letta attraverso gli occhi e sul filo delle preoccupazioni – volta a volta piuttosto ossessioni o idiosincrasie – dell’idealtipo del giardiniere, alter ego dell’autore Karel Čapek, intellettuale ceco tra i maggiori della prima metà del 900, romanziere e inventore, tra l’altro, del termine robot che per la prima volta appare in una sua commedia.

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REPORTAGE. Andar per giardini. Lindisfarne Castle

Lo scrigno-giardino di Gertrude Jekyll fra brughiera e castello

Rinserrato tra i bassi muretti di pietra grigio-chiara che lo ritagliano nell’indistinto della brughiera, sullo sfondo del mare del Nord e dell’imponente sperone di roccia su cui si staglia il profilo del castello che lo intitola, il giardino di Lindisfarne Castle è uno scrigno di fiori, forme, fragranze multicolori che striano la dominante del fogliame argenteo della stachis bizantina che come una trama lo percorre a terra invadendone i viottoli pavimentati in stile Arts and Crafts.

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Il giardino si fa gusto

Raccolta in campagna allo stato spontaneo o, meglio, di questi tempi, allevata anche in vaso per usarla in cucina – che se ne consumino gli inconfondibili fiori a stellina azzurroviola per aromatizzare insalate o accompagnare formaggi o che con altre selvatiche finisca in insalata o in frittata –, la borraggine, pianta che allontana la malinconia, officinale fin dal nome, è una soltanto delle tante erbe che assieme a molti ortaggi e qualche fruttifero possiamo permetterci di coltivare in piccoli spazi aperti o nell’orto. Inanellando così quella sequenza di piaceri (e di qualche faticosa attenzione) che dalla coltivazione direttamente conduce al consumo culinario dei prodotti delle piante che abbiamo imparato a riconoscere – coltivandole – nel corso della loro crescita anche in termini di caratteristiche, qualità e freschezza.

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Città accessibili con l’housing sociale

Cooperativa Andria

Le forme dell’abitare cooperativo e collaborativo possono portare al rafforzamento di nuovi modelli di convivenza anche in un momento di “distanziamento” come quello attuale. Nella generale riconsiderazione del rilievo della responsabilità collettiva, i valori espressi dal sistema cooperativo in relazione all’abitare sociale rappresentano, concretamente, uno snodo di welfare. Se gli interventi di housing sociale sono stati elemento trainante delle iniziative destinate a garantire il diritto a una città accessibile e a migliorare la qualità della vita nei contesti urbani e nelle periferie, una serie di analisi hanno accompagnato questa operatività con momenti di dialogo e ascolto con le Cooperative di abitanti.

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Hobbs e West, alberi nella storia

A meno di non essere in lungo e in largo viaggiatori per ecosistemi, raramente si ha modo di misurare la sconfinata varietà delle fisionomie degli alberi. Come invece ci accade in uno di quei meravigliosi luoghi artificiali, parenti degli orti botanici, dedicati a scopo scientifico a studiarli e conservarli. Soltanto gli arboreti, specialmente se molto avanti negli anni, ci consentono di percorrere in parallelo questa ricchezza di diversità come in un album di famiglia allargata.

Senza muoversi affatto, c’è poi però quella sorta di genere editoriale di immancabile successo, seppure a rischio di inflazione, che è la ricognizione in repertorio dedicata agli alberi. Dove appunto, oltre a restituirci l’infinita rassegna di miti, raffigurazioni, cosmogonie in cui si specchia il nostro multiforme rapporto con la natura, ci è dato conto, pagina dopo pagina, di questa molteplicità di identità e caratteri.

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Giardini. Le componenti dell’artificio

Se l’essenza del giardino è l’artificio, imprescindibili risultano allora in questo spazio i suoi elementi compositivi, i manufatti che concorrono a creare i singolari giardini come pure il gusto che nelle diverse temperie li connota. Questo, almeno per come intende documentarli in un’accezione ampia il lavoro di ricognizione di Matteo Vercelloni nel volume, oggi in nuova edizione e che pure avrebbe meritato maggiori aggiornamenti, intitolato a Il paradiso terrestre. Viaggio tra i manufatti del giardino dell’uomo, Jaca Book, pp. 336, € 25,00.

In una logica compilativa ispirata al doppio registro della sistemazione di grandi temi per epoche e alla rassegna di singole componenti per come si modellano con il tramutarsi del gusto, si susseguono una serie di schede storico critiche, da leggersi singolarmente oppure incrociandole sulla base di indici per temi e argomenti.

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Geografie urbane

Mappa (in)ospitale per un’autobiografia
con una intervista a Nausicaa Pezzoni per il progetto La città sraficata

La città sradicata è un progetto di lunga data condotto nell’ambito del Politecnico di Milano e del Centro Studi Assenza di Milano che introduce concetti come abitare in movimento e transitorietà in un’urbanistica che solitamente non li contempla, orientata com’è all’abitare stanziale.

In particolare l’indagine si occupa di temporaneità dell’abitare in città, facendo parlare i migranti al primo approdo, come figure emblematiche di questo vivere transitorio. Quindi di una relazione con la città improntata a dare significato agli spazi urbani più che non ad appropriarsene.

Animatrice dell’impresa, l’architetto e docente di progettazione urbana, Nausicaa Pezzoni (è in uscita tra l’altro una nuova edizione del libro che racconta la vicenda: La città sradicata. L’idea di città attraverso lo sguardo e il segno dell’altro, O barra O edizioni).

La ricerca è stata condotta a partire da tutti i luoghi di primo approdo a Milano, dormitori mense ambulatori, intervistando anche molti operatori dei servizi, e costruendo una mappa del primo approdo che ancora la città non possiede.
Mappa che è invece strumento fondamentale di autonomia per conoscere la città e potervi accedere.

A cento migranti è stato chiesto di disegnare la loro mappa della città. Con un foglio di carta e matite colorate.
Usando un metodo che deriva dallo studio di Kevin Lynch sull’immagine della città, per poi interpretarne i risultati, con diverse chiavi di lettura…

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Giardino, rigenerazione mentale

L’esigenza di ragionare di quel che, interiormente, si prova stando in giardino e assieme la consapevolezza di come questo approccio sia irrituale, a forte rischio di irriducibile soggettività, sono alla base di un libro dai tratti anfibi come Il giardiniere consapevole. Oltre la bellezza: ragione e sentimento, Pendragon, pp. 246, € 20,00, dove fin dal titolo Luigi Sperati Ruffoni traccia il perimetro delle variabili diverse entro cui intende considerare quell’esperienza così sfuggente che è la relazione che possiamo intrattenere con il giardino e, per suo tramite, con noi stessi, la nostra sensibilità, come pure con l’universo, anche quello delle proiezioni simboliche che facilmente lì precipitano.

Giardino dunque non solo come fatto estetico o botanico, delle cui vicende pure vengono ripercorse storia e premesse teoriche, incrociando suggestioni con eclettica disinvoltura, da Bosch a Pistoletto, fino allo snodo del giardino naturale e all’attualità di una ecologia del giardino “planetario” che intreccia dimensione sociale e logiche proprie di spazi intimi, individuali.

Ma, giardino come luogo d’elezione per acquisire esperienze intense. Investigato per il suo potere di rigenerazione mentale, per il suo esser suscitatore di sentimenti, emozioni, stati d’animo, via privilegiata per ristabilire emotivamente il contatto con la natura, occasione per l’esercizio di ricordi, immaginazione, fantasticherie.

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