Costruito su un doppio registro irrelato, il testo edito da Rizzoli con il titolo I segreti del giardiniere vede ripetutamente alternarsi i diversi “generi giardinistici” del Catalogo per gli acquisti di semi e piante e quello del Manuale per gli appassionati di giardinaggio. Se fin dal formato e dalla grammatura, il volume si propone come manuale d’uso, sulle quattrocento pagine che lo compongono, quasi un centinaio sono eleganti immagini a tutta pagina che, senza raccordo con il testo o funzione esplicativa, parlano invece il linguaggio promozionale del supporto alla vendita di semi, piante e fiori. Si tratta di immagini realizzate tra fine Ottocento e primo Novecento specialmente per le copertine dei cataloghi della ditta Fratelli Ingegnoli Stabilimento agrario botanico in Milano che già dal 1882 pubblicava e diffondeva in 100.000 copie il suo Catalogo delle sementi vegetali e che ora apre il suo archivio storico. Come un manuale, il testo è scandito in sezioni: Giardino, Orto, Balcone. A guidare il lettore, un Sommario ben strutturato e articolato in numerosi brevi paragrafi che per la trattazione essenziale risultano spesso perlopiù interessanti suggestioni. Tra attenzione ad erbe campestri e bulbi commestibili, alle aromatiche, agli ortaggi e fruttiferi di tradizione, l’insistito richiamo alla “riscoperta” di un’antica tradizione “senza tempo” rinvia in definitiva soltanto al fascino e alla bellezza appunto d’altri tempi delle illustrazioni. Intese a comunicare a scopo promozionale informazione botanica e commerciale sullo sfondo di ambientazioni evocative, almeno fintantoché di lì a poco ne prenda il posto la fotografia a colori. Senza un filo che iconograficamente le raccordi, le immagini risultano un invito a sfogliare il volume e a lasciare affiorare le più diverse tracce dell’innovazione orticola e del cambiamento del gusto, ma soprattutto dell’intrecciarsi della dimensione economica, sociale, culturale del verde. Dalle copertine disseminate nelle pagine occhieggia frequente la compresenza di ortaggi e fiori – Patata e violacciocca incorniciano quella della primavera del 1907; nonché il richiamo alla “novità” di prodotti che spesso sanno di esotismo: quello vicino – cipolle e peperoni giganti di Tripoli – o più distante – rape del Kashmyr; fino al Giappone da cui proviene una varietà rustica di banano adattabile ai nostri climi temperati e il Kaki raffigurato sullo sfondo di una scena d’ambiente orientale con tanto di costume tradizionale, rivisitato però nei nostri tre colori nazionali. Con accorte scelte nella definizione di nomi e soggetti, dalle copertine si pubblicizza a colori anche la redditività di nuovi frumenti e miscugli di sementi foraggere – la barbabietola da foraggio denominata con valenza apotropaica “Carestia” – o le innovazioni commerciali di frutta “senza semi” o il Fagiolo di Lima “perfezionato”: novità del 1893; per arrivare al crisantemo “Lutto di Umberto I” (1091) o alle pere regali equanimenente intitolate una al sovrano e una alla regina Margherita. Mentre echi ironicamente dialettali si colgono nella scelta di nomi come “Garofano Contessa Patafia”, dove nel disegno le rosse gote della fanciulla e il fiore sono accomunati dalla stessa “paffutaggine”. Un capolavoro infine è la tavola dedicata alla Patata quarantina Juli, strutturata in quattro riquadri incorniciati da festoni di patate, dove, moltiplicando piani e punti di vista di possibili pubblici, la si mostra al mercato: “la più ricercata”; estratta da terra ad opera di un contadino: “la più produttiva”; sul vassoio proposto in un lussuoso ristorante: “la più squisita”; impilata su un piatto a fianco di una donna che allatta: “la più nutriente”. E per non limitarsi ai vegetali, si promuovono anche strumenti a corredo come il nuovo “Insettitossico” o i Sali fertilizzanti di cui si mostra l’effetto in una raffigurazione “comparativa”.
Tra le molte attività degli Ingegnoli, centrale resta comunque la produzione e diffusione di sementi, come attesta anche quell’interessante insieme di oggetti destinati alla loro commercializzazione: Bustine o “Cartocci raccolti in provvista utile al mantenimento per un anno di una famiglia in elegante cassetta di latta”. Ogni cartoccio raffigura il disegno “a colori” dell’ortaggio e propone, come già nel catalogo, norme e descrizioni delle coltivazioni. Quelle stesse indicazioni cui fa riferimento Antonio Gramsci dal carcere di Turi scrivendo nel luglio 1929 alla cognata Tatiana e chiedendole di inviargli alcune sementi di ortaggi da coltivare durante l’ora d’aria “su un quarto di metro quadrato”. Per ciò, precisa, ti potrai rivolgere agli Ingegnoli, “così ti farai dare anche il catalogo, dov’è indicato il mese più propizio per la semina”.
Nella stessa lettera Gramsci racconta anche delle sue attenzioni per una rosa che cura, dei semi che fanno pigra vita sotterranea, tardando, come le dalie e i bambu, a dar segni di ripresa, delle sue preoccupazioni di coltivatore e della tentazione di “tirarle un po’[le pianticelle] per aiutarle a crescere, ma rimango incerto tra due concezioni del mondo e dell’educazione: se essere roussoiano e lasciar fare la natura che non sbaglia mai ed è fondamentalmente buona o se essere volontarista e sforzare la natura introducendo nell’evoluzione la mano esperta dell’uomo e il principio di autorità”. Per concludere “Finora l’incertezza non è finita e nel capo mi tenzonano le due ideologie”. E per proseguire variando registro “Le sei piantine di cicoria si sono subito sentite a casa loro …”. Uno spaccato che, contro l’imperio del sempreverde, racconta l’importanza de “il ciclo delle stagioni lo sento come carne della mia carne; la rosa è viva e fiorirà certamente … insomma, il tempo mi appare come una cosa corpulenta, da quando lo spazio non esiste più per me”.
Come attesta una annotazione sul contropiatto anteriore del Quaderno dal carcere in parte dedicato alle versioni delle fiabe dei Grimm, i semi e le informazioni di Ingegnoli sulla stagione propizia arrivarono. E se pure non sappiamo dell’esito della loro coltivazione, una traccia ne resta nell’assonanza tra il nome della varietà di carote specificamente richiesta nella lettera alla cognata: “ma della qualità detta pastinaca, che è un piacevole ricordo della mia prima fanciullezza: a Sassari se ne vendono di quelle che pesano mezzo chilo …” e la scelta dell’autore dei Quaderni, nel tradurre un passo della favola dei Grimm, di inventare, distaccandosi dall’originale e variando scenario e protagonisti, un inesistente “paese di Pastinaca, dove la volpe augura la buona notte alle galline”.
Cfr. Quaderni dal carcere. Edizione anastatica dei manoscritti, 4, a cura di Gianni Francioni, p. 3
I segreti del giardiniere. Riscoprire l’arte di coltivare frutta, verdura, fiori e piante, pp. 415, € 17,50, 2010, recensito da Andrea Di Salvo su Alias 20 – Supplemento de Il Manifesto 15 maggio 2010