Per sapere cos’è il mondo occorre rivolgersi alle piante. Guardare a quella loro alterità che sola consente il dispiegarsi del vivente sul pianeta. È quanto suggerisce Emanuele Coccia nel suo ultimo libro, ad esse intitolato. Con sottotitolo inteso però a metterci sull’avviso, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza (Il Mulino, pp. 159, € 14,00). Qui, come in una partitura ben congegnata, in un ritornare di temi che tende a radicale unità, che contempla diversi registri, dall’argomentare incrementalmente “per converso” a una mirabile Ode al respiro che apre il capitolo ottavo, l’autore ci conduce secondo diversi livelli di lettura verso e attraverso una paideia del consistere inseparato eppure distinto della mescolanza universale come forma del mondo che, appunto, a suo dire le piante magistralmente illustrano e ci additano.
Premessa, come vien detto, per “rifondare una cosmologia, unica forma di filosofia da considerarsi legittima”, è un’esplorazione vegetale sui generis scandita in tre teorie: della foglia, tessuto connettivo cosmico che implica e comporta la mescolanza; della radice, dispositivo di congiunzione della terra al cielo di un nuovo eliocentrismo; del fiore, forma paradigmatica della razionalità in intersezione di diversità (passando per il seme, coincidere di esistenza singolare e necessità cosmica). Perché sono loro, le piante, a “fare mondo”, nel senso che son loro ad averlo fatto come noi lo conosciamo. Creando l’atmosfera dove siamo immersi e costantemente reinventando i presupposti della vita, esercitando in esclusiva la loro capacità autotrofica di trasformare così energia e materia in nutrimento.
E perché con la loro semplice esistenza, il loro aderire al circostante, fino a coincidervi, con il loro incessante modificarsi in metamorfosi esse consentono l’intreccio e la mescolanza radicale suggerendo, oltre la competizione e l’esclusione reciproca, come mantenere la coesistenza, senza perdere identità e senza però fusione o sacrificio di forme e sostanze.
Ed è a partire dalle piante, incrociando e interpolando come raramente accade saperi perlopiù dissonanti, dalla fisiologia vegetale alla paleoecologia, dalla storia della scienza alla geologia, alla geochimica, alla neurobiologia, alla riflessione della botanica contemporanea da combinare con letture filosofiche e antropologiche, che Emanuele Coccia muove oltre ogni specialismo corporativo e disciplinare, procedendo per via di autotrofia speculativa. E nella sua riconsiderazione della mondanità della natura e del cosmo, l’ispirarsi alle piante per derivarne un modello paradigmatico di esistenza nella forma di relazioni tra esseri, tutti connessi in una partecipazione totalmente comunitaria quanto pure assolutamente individuale, ha inoltre l’effetto collaterale non secondario di portarci avanti nel disdettare quell’automatismo umanocentrico che presume di ordinare i viventi in gerarchie, verso uno sguardo capace invece, superando ora anche lo stadio pur sempre zoocentrico dell’animalismo antispecista, di intendere assieme alterità e parentele.
Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, pp. 159, € 14,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica IX, 1, Supplemento de Il Manifesto del 6 gennaio 2019.