L’impermanenza dei giardini può paradossalmente farsi perno di soddisfazioni e piacere nel corso breve delle nostre umane vite. È il caso, nell’imprevedibile irrequietezza d’arie, nel capriccio dei suoli, nel trascorrere delle molte velature di luce in laguna, di Un giardino a Venezia. Sull’estremità dell’isola lunga della Giudecca, in fondo al rio della Croce, dove, fin dalle testimonianze della cinquecentesca veduta a volo d’uccello di Jacopo de’ Barbi, tra gli argini e i panorami d’acque, si concentravano inattesi spazi verdi murati.
Allora poco più di un orto, quello acquistato a fine Ottocento da Frederick Eden e signora – la Caroline, sorella maggiore di quella Gertrude Jekyll che in seguito diverrà protagonista del rinnovamento del giardino inglese. Poi da costoro reinventato – come ideatori e “capo giardinieri” – pur nel rispetto dello schema tradizionale di percorsi e nella scansione di spazi tramite siepi, pergole d’uva, spalliere di rose, ibridandone con sensibilità la fisionomia per via di reminiscenze inglesi e suggestioni mediterranee e, soprattutto, nel segno di un giardino di fiori. Di fioriture in ogni stagione, come già segnalato da Ida Tonini. Infine, un giardino raccontato in volume.
Pubblicato a Londra nel 1903 per l’editore della rivista Country Life (illustrato assieme da foto dell’autore e xilografie dell’Hypnerotomachia Poliphili). A dar conto della progressione dei lavori e delle scelte orticole, dalla salvaguardia dei gelsi, con le more a far ghirlande, come quelle di Mantegna, per la festa del Redentore al connubio di utilità e bellezza di viti e carciofi dalle grandi foglie, dalla vasca ispirata al Generalife di Granada alle bordure di giunchiglie, iris, anemoni e tulipani fino a quella che costeggia di rose, iris e mughetti, il giardino dei ciliegi. Di quel giardino, forse il maggiore, di certo tra quelli più alla moda nel circuito dei facoltosi anglosassoni residenti in città. Luogo d’incanto, occasione di incontro e fonte di ispirazione per una mondana comunità di artisti, aristocratici, amatori e collezionisti d’arte.
Con un saggio di Francesco Soletti che ricostruisce questa vicenda inquadrandola nel contesto culturale e nel processo di crescita edilizia e manifatturiera dell’isola, nonché evidenziando il ruolo comprimario di Caroline nella vita del giardino, il testo viene ora ripubblicato dalle Edizioni l’Erta (pp. 140, € 10,00). Segnalando anche il suo successivo destino. Dal cambio di scenario, con gli anni Venti e l’esilio che vi consuma la deposta principessa di Grecia, Aspasia, all’acquisto, alla fine degli anni Settanta, da parte dell’architetto e pittore Hundertwasser. E, dopo la sua morte, con la gestione della Fondazione a lui intitolata che sembrerebbe davvero tutta intesa a perseverare nel suo radicale approccio di …rispetto della natura. Per l’intanto, mantenendolo inaccessibile.
Frederick Eden, Un giardino a Venezia, a cura di Francesco Soletti, Edizioni l’Erta, pp. 140, € 10,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica X, 37, Supplemento de Il Manifesto del 20 settembre 2020