A fare la differenza è per Londra di fine maggio la luce di un’insolita serie di giornate di sole. Per il resto, la fila per avvicinarsi, soffermarsi a percorrere con lo sguardo la struttura complessiva e i singoli elementi, valutare l’originalità, la dimensione scenografica, la ricchezza di soluzioni compositive e cromatiche, di texture di essenze e materiali è la stessa che solitamente si forma di fronte ad un’opera d’arte.
E pour cause. Qui si tratta di giardini. Siamo al Chelsea Flower Show, la manifestazione organizzata dalla Royal Horticultural Society che ormai da 99 anni registra stato e tendenze dell’arte del giardino. E che anche quest’anno, non risentendo a quanto pare della crisi, ha visto dal 22 al 26 maggio un’affluenza di 157.000 visitatori (tutto esaurito) paganti un biglietto dal costo di tutto rispetto, tra le 36 e le 55 sterline. L’ambientazione, con una copertura mediatica a tutto campo, BBC in primis, è quella del vasto giardino del Royal Hospital a Chelsea. Il cuore dell’esposizione, i 16 giardini palcoscenico, in genere aperti su due lati, gli Show gardens (di circa 22 metri x 10). A questi si affiancano quelli più piccoli, nella categoria Artisan gardens e, da quest’anno, in quella denominata Fresh gardens (tacciata da alcuni di eccessiva banalizzazione). E ancora, sui viali, oltre 500 espositori di prodotti legati all’arredo e alle tecnologie del verde e nel Grande padiglione centrale irriducibili produttori di piante che si misurano presentando nuovi incroci per concorrere al premio perla Pianta dell’anno.
Se si eccettua il muscolare, provocatorio giardino di Diarmuid Gavin, il Westland Magical Garden – una struttura piramidale di tubi innocenti neri con ancoraggi color oro alta24 metri con sette livelli, specifiche terrazze, dal giardino d’ombra a quello culinario, collegate da alberi di betulla e rampicanti, cui si accede con scala e ascensore per discenderne scivolando rapidamente, a significare le opportunità di un reticolo di verde urbano dove coltivare in contenitori frutta, verdura, arbusti –, la maggior parte dei progetti sono segnati, pur in una larga varietà di temi, da una riflessiva sobrietà.
Dal rassicurante formalismo topiario dei ‘tassi sentinella’ del Brewin Dolphin Garden disegnato da Cleve West (in sintonia con lo status dello sponsor del quale celebra i 250 anni di attività finanziaria) sui toni prevalentemente neutri verde bianco punteggiati di papaveri – giardino vincitore del premio maggiore, Best in show–, alla pervasiva naturalità del giardino del Daily Telegraph progettato da Sarah Price sulla falsariga del lavoro svolto per l’Olyimpic Park evocando le atmosfere romantiche del paesaggio inglese di specchi d’acqua inquadrato sullo sfondo da ceppaie di betulla e popolato con un intervento informale che privilegia la locale «plant community».
Di giardino in giardino, si procede sospinti nel flusso della curiosa competenza dei visitatori, passando per diverse mediazioni tra modernità e tradizione. Nel giardino progettato per il bicentenario della Laurent-Perrier da Arne Maynard come in quello di Andy Sturgeon per M & G Investments, lo sponsor ufficiale del RHS Chelsea Flower Show. Nel primo, tra dettagli di citazioni e valorizzazione delle tecniche tradizionali dei maestri artigiani, la formalità dei bossi topiati e delle linee forti del doppio viale di faggi rossi dai rami intrecciati, raddoppiate dalla canalina d’acqua che borda i due lati del giardino opposti a questo, si integra nella morbidezza dell’impianto dove anche le rose sono trattate in modo informale. Un’area schermata ritagliata nel viale ospita opere degli scultori Alison Crowther e Breon O’Casey. Il giardino di Andy Sturgeon, dal segno moderno ma che dichiara di ispirarsi al famoso giardino inglese di Hidcote Manor e a quello di Sissinghurst reinterpreta i principi del giardino Arts and Crafts in uno stile ‘New English’. Una geometria asimmetrica, dove lungo un canale d’acqua tre grandi pareti schermo, tagliate in pietra traforata a mano con fori che si illuminano la notte, creano una successione di stanze il cui fulcro è nella trasversale scultura di anelli di rame intrecciati che fuoriesce dall’acqua. Materiali naturali che si intonano allo stile di un selvatico dai colori chiari delle piantagioni a velare come un diaframma il giardino in primo piano, mentre sui lati al fondo svettano alberi di Cercidiphyllum japonicum.
Per ripararsi dall’insolita calura e evitare l’effetto strabismo con la sovrapposizione tra i giardini visti, occorre periodicamente tornare a riaffacciarsi nel Padiglione centrale. Soltanto per soccombere ingordi all’overdose di nuove varietà e collezioni dei vivaisti. Ancora in un ossimoro di esotica classicità, vincitore del titolo Pianta dell’anno 2012 è il risultato di un incrocio «pressoché impossibile», una Digitalis Illumination Pink dallo spettacolare aspetto tropicale. Nel padiglione, da quest’anno anche una sezione Ambiente testimonia e misura attraverso esperienze pilota di ricerca scientifica e interventi di associazioni e comunità i benefici che la rete dei giardini e del verde dei tanti singoli consapevoli apporta nelle aree urbane e perturbane.
Affacciandosi sul giardino di Thomas Hoblyn, vincitore del Premio per l’opera migliore a giudizio del pubblico (che vota nel corso della manifestazione), ci troviamo in pieno nel Rinascimento italiano. Con cipressi, terrazzamenti e una trilogia di giochi d’acqua che citano Villa Lante e Villa d’Este. Progettato per il 75esimo anniversario di Arthritis Research UK, il giardino rientra in una campagna di raccolta fondi e di sensibilizzazione riguardo le possibilità di contemperare i disagi della malattia. E se in senso lato le attività in giardino hanno più di una valenza terapeutica, l’autore racconta in un’intervista come solo per coincidenza si sia reso conto che i letti rialzati piantati con essenze mediterranee previsti nel suo progetto risultano particolarmente adatti all’attività in giardino per chi soffra di artriti e che tra le piante da lui utilizzate è presente la borragine, a partire dalla quale si produce a quanto pare l’olio usato in medicina per il trattamento dell’artrite.
Esplorando le tecniche e lo stile dei giardini del Rinascimento italiano, Hoblyn interroga e interpreta gli ideali classici di ordine, proporzione, simmetria, per sostenere tuttavia che l’ambizione rinascimentale di controllare la natura deve cederle il passo. Sarà sempre lei, in ultima istanza, a stendere un’ulteriore velatura di bellezza su qualsiasi progetto. Il controllo dell’acqua, nella cascata di fondo, nella vasca a sfioro, nella fontana a parete con un doppio livello di giochi d’acqua vibrerà nella cornice della grezza pietra perimetrale e nell’ombra della quercia da sughero che palesemente squilibra l’asse principale del giardino.
Punto focale dell’impianto assiale del Water Blue Garden di Nigel Dunnett è il padiglione che si vuole ricostruzione (davvero troppo rifinitamene industriale) di un trullo pugliese. Il tema della gestione sostenibile di un bene sempre più raro come l’acqua, che pure si ritrova in molti altri giardini della mostra, specialmente tra gli Artisans, si misura qui con un impianto che reinterpreta in chiave formale l’oasi paradisiaca. Inquadrato da due alberi di Prunus serrulata dalla decorativa corteccia color rame che si sfoglia, evoca l’ambientazione di un giardino parco d’acqua. Il doppio canale che affianca sui lati il sentiero centrale assume il ruolo di raccolta e conserva della pioggia allargandosi nei bacini che ritmano la progressione verso il fondo assieme a una serie di bianchi muretti trasversali che fanno da sfondo all’esuberanza colorata e selvaggia di una vegetazione che richiama le praterie dei suoli asciutti dominata dai Lilium color arancio caramello.
Merita un saluto, in uscita dal Chelsea, l’emozionante giardino di Jihae Hwang. Giardino memoriale che ricrea la zona smilitarizzata tra Corea del Nord e del Sud. Un corridoio denso di suggestioni e memorie (il sentiero lastricato dai bottoni delle divise militari, …). Un omaggio a una natura che ancora ci preserva e ci rigenera oltre ogni disastro nell’interstizio di una terra da sessanta anni di nessuno.
E se con la chiusura della mostra, che nell’ultimo giorno prevede la vendita di alcune delle sue piante, capiterà di vedere molti vasi allontanarsi sugli incongrui risciò che attendono fuori dal Chelsea e gli acquirenti riconoscersi sulle linee della metropolitana ricomponendo per un istante pezzi di giardino (ma per molti giardini è già prevista la cessione a scuole o collettività o la vendita in beneficenza), fino al 10 giugno una nuova iniziativa avviata in contemporanea al Chelsea Flower Show disseminerà in diversi luoghi di Londra progetti comunitari e installazioni d’arte legati al verde. Basato sulla partecipazione diffusa e il supporto di volontari, il Chelsea Fringe festival (www.chelseafringe.com) intende utilizzare e moltiplicare le energie che orbitano attorno a giardini e giardinaggio. «Va bene di tutto, purché sia interessante e correlato con giardinaggio, giardini, piante o paesaggio». Il tutto, mentre a Kew Gardens, il monumentale orto botanico della città, si ultimano i preparativi per l’inaugurazione, il 9 giugno (fino al 14 aprile 2013), della mostra dello scultore degli alberi David Nash e già nelle radure e nelle serre si incontrano le sue opere, viventi, postume creature parlanti.
Andrea Di Salvo su Alias della Domenica 22, Supplemento de Il Manifesto del 3 giugno 2012