Nell’incessante produzione editoriale del forestale, divulgatore e attivista Peter Wohlleben – fenomeno letterario di successo, ora anche come autore di programmi televisivi, conferenziere globetrotter e inspiratore della Forest Academy – si assiste a un cambio di passo nel senso della relazione. La prospettiva del suo sguardo si dilata dagli alberi a Il legame segreto tra uomo e natura. Come recita l’originale del titolo, con un sottotitolo che rende bene il carattere di zibaldone del suo lavoro: Incredibili intuizioni sui 7 sensi umani, sul battito cardiaco degli alberi e sulla questione se le piante abbiano una coscienza (edizione italiana per Garzanti, Il battito del cuore degli alberi, pp. 264, € 18,70).
Al di là del ruolo dell’albero come protagonista che consente la vita sul pianeta, dell’analisi di tradizioni e riti legati agli antichi culti, dei rimedi medicamentosi che ci mette a disposizione la foresta, Wohlleben evidenzia, anche sulla base delle nuove acquisizioni della neurobiologia delle piante, il confine sempre più indistinto tra animali e piante. E in relazione a ciò, inanellando episodi e osservazioni sulle interazioni della foresta con la psiche umana, richiama testimonianze sulla capacità auditiva delle radici e quella degli alberi di registrare fenomeni visivi, domande sul perché le foreste siano verdi, almeno per noi umani, sul tema del fuoco nella relazione tra uomini e alberi, sottolineando come, messi alla prova nella foresta, e magari allenati dall’esperienza, i nostri sensi si rivelino ancora oggi del tutto funzionanti come lo erano migliaia di anni fa, anche se non sempre ne siamo consapevoli.
L’illustrazione di fenomeni come l’abbassamento e innalzamento della pendenza dei rami di alcuni alberi (perlopiù betulle) rilevati durante la notte e ogni tante ore, sorta di vero ciclo del sonno, una sorta di lento battito cardiaco si alterna a considerazioni sullo stupore dei bambini nella scoperta delle pieghe della foresta, al racconto della visita all’albero ritenuto più antico nei boschi della Svezia, l’abete rosso Old Tjikko di circa 9500 anni, alla critica dell’espansione vertiginosa dell’industria del legno – erroneamente considerato una delle materie prime più ecologiche, e invece affatto neutrale dal punto di vista climatico, alimentando in realtà l’effetto serra – con mode e tendenze anche in ambito di piante forestali e gli alberi trattati come pezzi di arredo per la decorazione del territorio (il grande successo dell’abete bianco americano).
Impegnato a sostegno delle battaglie degli attivisti per la tutela delle foreste, quella di latifoglie di Hambach vicino Colonia, con escursioni guidate e costruzione di casette sugli alberi, o quella di Bialowieza, al confine della Polonia colpita con abbattimenti triplicati presentati come una operazione di salvataggio, Wohlleben calcola in almeno 500 gli anni necessari perché si possa riconfigurare una foresta che possa idealmente definirsi primordiale autentica.
Se molte delle questioni poste restano domande senza risposta, il tema della comunicazione tra uomini e alberi è opportunamente posto anche in termini di storia evolutiva.
In un contesto dove il fenomeno di una crescente attrattiva per la natura si sposa con la sempre maggiore mescolanza di specie dagli esiti inediti a partire dal diffondersi indotto dall’uomo di batteri, patogeni e funghi tra i continenti, una serie di cambiamenti si determinano anche nelle foreste.
Consapevoli che il forte legame che abbiamo con la foresta echeggia fin nel linguaggio, toponimi, modi di dire,e che l’abbattimento del 20 % degli esemplari del bosco viene definito “manutenzione forestale”, occorre chiedersi ad esempio cosa intendiamo con l’espressione Aree protette, se il riferimento non è ad altro che a una protezione della natura che serve soltanto al mantenimento del nostro benessere.
Il consiglio è allora quello di provare ad assumere anche un punto di vista arboreo – per noi – ribaltato, di un essere capovolto, con il cervello nelle radici.
Peter, Il battito del cuore degli alberi, Garzanti pp. 264, € 18,70, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 10, Supplemento de Il Manifesto del 12 marzo 2023