Protagonista dello studio della canopia delle foreste tropicali – delle sommità cioè dei grandi alberi, indagati a partire da un laboratorio sospeso tra le loro cime, il Radeau des cimes, una zattera-pallone aerostatico che fluttua nel verde – il botanico esploratore controcorrente Francis Hallé prova a definire qualcosa di così familiare, eppure irriducibile nelle sue molteplici fisionomie, funzioni e relazioni impersonate nelle realtà ambientali più diverse, com’è l’albero, suggerendo di tener conto di molti caratteri arcaici che presentano quelli delle latitudini molto basse, a configurare una sorta di “paleobotanica attuale” e fin anche una norma tropicale, una doxa cui sarebbero naturalmente soggetti gli esseri viventi sulle terre.
Nel suo In difesa dell’albero, Nottetempo, pp. 216, € 25, analizza con un approccio architettonico il meccanismo fondamentale della crescita per reiterazione, che lascia intendere come l’albero divenga, via via, una vera e propria colonia. Con le proprietà di competizione, messa in atto tra le diverse unità architettoniche che costituiscono uno stesso albero, e collaborazione, quando queste, smettendo di svolgere le stesse funzioni, adottano specializzazioni diverse. Fino a interrogarsi sulla possibile variabilità e eterogeneità del genoma all’interno di uno stesso albero e quindi su come lo si possa considerare un organismo unitario la cui individualità si attenua a vantaggio di una condizione coloniale, o piuttosto una nuova individualità che va acquisendo caratteri d’individuo da una colonia in corso di integrazione.
Con partecipazione contagiosa Hallé racconta di specifici incontri. Della biologia come dell’importante ruolo sociale in tutta l’Asia tropicale del Durian, della sorprendente plasticità ecologica dell’Eucaliptus e della sua globalizzazione, frutto di una sfrenata arboricoltura produttivista, dell’epica storia dell’Albero del caucciù che, oltre gli amerindi, lungo cinque secoli, è andata cambiando la faccia del mondo. Dal dominio sulla foresta amazzonica e i suoi abitanti da parte dei “baroni del caucciù”, taluni famosi come Fitzcarraldo, ai tentativi di produrre gomme sintetiche… ai ritorni alla raccolta forestale durante gli embarghi imposti dalla la seconda guerra mondiale, con il collegato rilievo negli armamenti dell’impiego della gomma (tanto da imporne il riciclaggio di guerra).
Oltre a interrogarsi sulle fitopratiche tradizionali (relative alla conservazione dell’acqua, l’aumento del rendimento di fruttiferi, da salvaguardare e promuovere, generalizzandole), fenomeni come la crescita elicoidale, le saldature radicali, l’avvolgimento dei ceppi, ripercorre le tappe della stretta coesistenza tra albero e uomo, indagando, tra ipotesi concorrenti, di caratteristiche riconducili anche a un modo di vita arboricolo, a partire dalla verticalità o la vita diurna, la nostra eredità arboricola, esito di una storia evolutiva comune. E l’idea che gli alberi abbiano significativamente contribuito a plasmarci.
Francis Hallé, In difesa dell’albero, Nottetempo, pp. 216, € 25, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 17, Supplemento de Il Manifesto del 14 maggio 2023