L’idea di arcipelago rinvia alla trama di relazioni che, oltre il gioco di definizione e inversione degli elementi – acqua terra, vuoto pieno, luci ombre –, reciprocamente li determina in una sorta di tessuto connettivo. Una risonanza che emerge pure, proprio, nella sottolineatura delle diversità e specificità delle sette isole dell’arcipelago toscano. Diversità geologiche e botaniche, di insediamenti e organizzazioni comunitarie, che emergono anche nell’indagine di quella particolare ricchezza di casi di natura-giardino che dell’arcipelago costituiscono il patrimonio di paesaggi naturali e disegnati. L’indagine, già avviata per la maggiore delle isole nel volume del 2007 da Maria Pia Cunico e Paola Muscari (Giardini nell’Isola d’Elba, Olschki, pp. 186, € 20), prosegue ora a cura delle stesse autrici allargando lo sguardo da terra e da mare non soltanto alla “natura addomesticata dei giardini”, ma all’intero paesaggio “umanizzato”. In particolare alle emergenze di quel complesso di stratificati interventi architettonici che raccontano il rapporto con il mare, il vento, l’acqua e la poca terra da coltivare. Il muro di pietre come “strumento per disegnare un territorio”, dalle esigenze di difesa e presidio degli insediamenti e delle rotte, con fari, torri, fortezze che interpretano la relazione con il mare, al lavorio di terrazzamento dei pendii tramite il sistema dei muretti di contenimento, alle opere di ingegneria idraulica di irreggimentazione delle acque piovane, fino ai muri di cinta dei giardini, degli orti chiusi, dei preziosi agrumeti, murati e posti così al riparo dai salati venti marini. Come recita il titolo del nuovo testo, Arcipelago nascosto. Giardini, aranceti, carceri, torri e fortezze delle isole dell’Arcipelago toscano (Olschki, pp. 184, € 19,00), la ricognizione trascorre oltre l’articolazione del volume elbano, dal paesaggio coltivato delle aziende agricole come giardino ai giardini “naturali” e a quelli che si imprestano la circostante vegetazione spontanea, a quelli di eremi e cimiteri, dagli Orti medicei alle collezioni botaniche dei giardini “di acclimatazione”, dai giardini delle ville del primo turismo all’eclettismo dei più recenti, tra integrazione con il costruito, apertura al paesaggio, recupero accorto della tradizione e del patrimonio abitativo. Dall’Elba della fascia di aranceti murati sul fondovalle di Rio Marina, del giardino di Monserrato su più livelli segnati al passaggio dalle statue di animali di terracotta, o del teatro d’acqua di Villa Letizia, con la sua grotta ninfeo che si riparte nel tracciato idraulico di canaline in cotto, l’attenzione si slarga allora ai giardini di fari e fortezze, “giardini di torri, spalti come giardini”. Come quelli della Torre litoranea del Campese al Giglio, isola che pure si caratterizza per il paesaggio di terrazzamenti coltivati a vite, o quei giardini-natura del paesaggio di gariga del faro di Giannutri o delle distese di asfodeli spontanei a Capraia, l’isola più fortificata. O, ancora, si protende incontro ai giardini di reclusione come quello curato dai detenuti di Gorgona e finanche entro i giardini, irraggiungibili, impiantati a metà 800 dalla passione botanica di George Taylor nell’isola di Montecristo, dal 1971 riserva integrale nel quadro del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Un arcipelago di giardini, scandagliato con la consapevolezza dei molti elementi di fragilità di un delicato ecosistema che, pure a fronte di prospettati specifici progetti di recupero e salvaguardia, resta in bilico tra abbandono del presidio di pratiche manutentive del territorio coltivato, convivenza con la presenza di intere aree destinate a luogo di reclusione ma anche rischi di privatizzazione legati alla dismissione delle colonie penali, sviluppo di un turismo sempre più unidirezionale.
Con tutte le evidenti relative ricadute anche sul paesaggio.
Maria Pia Cunico e Paola Muscari, Giardini, aranceti, carceri, torri e fortezze delle isole dell’Arcipelago toscano, Olschki, pp. 184, € 19,00 e già, Giardini nell’Isola d’Elba, Olschki, 2007, pp. 186, € 20,00, recensiti da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica III, 2, Supplemento de Il Manifesto del 13 gennaio 2013