L’intenzione politica distingue, dichiaratamente, questo “ennesimo” testo di riflessione critica sul paesaggio, nella “presunzione – come recita Roberto Masiero – che questa fatica attorno alla parola paesaggio possa comporre una trama concettuale per aiutare le scelte di ognuno … nient’altro che un invito a progettare paesaggi futuri …politicamente”.
Con questa premessa muove l’autore di Paesaggio Paesaggi. Vedere le cose (a cura di Marco Assennato, Libria, pp. 275, € 18.00, con due testi contrappunto di Assennato e Anna Longo). Ed effettivamente la trama dei concetti in gioco è fitta, proposta in un percorso indisciplinato, intesa a risalire in anamnesi una personale genealogia di letture sul tema, enucleandone i momenti fondativi nel pensiero filosofico, scientifico, giuridico e antropologico, etico ed estetico. Ripensando confini, integrando scenari, ridisponendo testimoni e episodi testuali, figurativi, snodi concettuali. Smascherando l’irriproducibile riduzione del paesaggio alla sola dimensione estetica (o scientifica), deposito volta a volta di valenze memoriali o identitarie, nostalgiche di una natura idealizzata o contemplative di ipostasi in cartolina.
Tra Hans Blumenberg e Jean-Luc Nancy, il nomos di Schmitt, la crisi della ragione cartografica di Farinelli, il bene comune a partire da Chomsky … il passo filosoficamente affilato di questo anomalo storico dell’architettura come delle idee procede facendo emergere dall’analisi lessicale, dalla disamina di concetti filtro, suggestioni che vogliono, provocatoriamente, “seminare sospetti”.
Eppure, da professionista impegnato sul fronte operativo degli Osservatori sul paesaggio in Veneto, abituato a confrontarsi con il rischio di un’inerziale tutela vincolistica che va per la maggiore nella logica delle soprintendenze, lo sguardo critico di Masiero ha avuto modo di farsi, oltre la diagnosi, proposta: con il contemporaneo volume, a due con Aldo Bonomi, Dalla smart city alla smart land. Proposta di politiche di inclusione della qualità del paesaggio (del miglioramento dei processi che lo apprezzino, fino a farne valore di scambio nell’economia della competizione globale tra sistemi territoriali) nei processi di indirizzo e governo delle complessità che traversano ambiti territoriali e paesaggi oramai confrontati con innovativi modi e rapporti sociali di produzione (digitale).
E, proprio per risalire al nodo di come con il passaggio dal modo di produzione industriale a quello digitale, cambiano le forme del percepire il mondo (quindi, come cambia il mondo), risulta evidente nel volume, fin dal sottotitolo, la centralità dello sguardo del soggetto.
Che sia, tra Sette e Ottocento o già con quella sorta di evento originario per la modernità che è l’ascesa di Petrarca al Monte Ventoso del 1336, una soggettività che costruisce la propria identità riflettendo sul paesaggio. E via a seguire, nel succedersi di tornanti che scandiscono l’affermarsi del primato del visivo, la nascita della prospettiva e poi della pittura di paesaggio e, come suo “rovescio della medaglia”, della cartografia, e ancora di quella “natura cartografata” del dover essere del paesaggio nel Giardino all’italiana, … fino alla domanda climax che trama l’intero volume e lo chiude: una domanda politica e planetaria, sul bene assoluto, la vita: “Quale soggetto per quale bene comune, per quale politica, per quale paesaggio?”.
Roberto Masiero, Paesaggio Paesaggi. Vedere le cose, a cura di Marco Assennato, Libria, pp. 275, € 18.00, con saggi di Assennato e Anna Longo, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VI, 24, Supplemento de Il Manifesto del 12 giugno 2016