Le malerbe nel bosco degli scrittori

Delle molte variabili che, tra analisi teorica e proposta editoriale, incrociano il reciproco influenzarsi di immaginazione, creatività letteraria e attenzione critica ai temi dell’ambiente, la collana dell’editore Aboca intitolata a Il bosco degli scrittori invita ora questi ultimi a indagare fascinazione e forme di tale multiforme interazione.

Così, nel caso dell’Erba matta di Laura Bosio, dalla formazione negli anni della socializzazione dei saperi e delle radio libere – tra slogan (anche vegetali), appartenenze militanti, scissioni e derive, amicizie singolari e troppi maestri –, fino a quelli maturi del nostro contemporaneo confrontarci con la segregazione della pandemia, l’esito è quello di un album di memorie, riflessioni, predilezioni. Talvolta personali, talvolta condivise, generazionali, lette sempre però con lo sguardo singolare della protagonista. Attenta, eppure sempre distratta, pronta a farsi rapire dalle malerbe del titolo (pp.173, € 15,00).

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L’almanacco verde di Hajek e gli alberi che ci somigliano

Che si tratti delle forme stravaganti delle chiome, dei mirabili colori dei boccioli, di profumi evocativi, ma anche di personalità, storie, comportamenti di protagonisti singolari del mondo vegetale, le suggestioni che ci provengono dall’universo di piante e fiori continuano a propagarsi, ispirando e ibridando anche le pubblicazioni per ragazzi.

È il caso dell’invito a esser Come alberi nella storia per immagini-mondo disegnate da Felicita Sala sul filo degli intonati testi di Maria Gianferrari, o dell’almanacco per piante singole, illustrate da Olaf Hajek in guisa di fantasmagorici tarocchi nel gioco di domande e risposte cui per ciascuna le introduce Christine Paxmann squadernando le più diverse varianti del Flower Power. La forza gentile delle piante (entrambi per Rizzoli junior, con indicazione dai 6 anni, rispettivamente, pp. 32, € 18,00 e pp. 40, € 22,00).

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Sempre spettacolari, anche quando del tutto familiari, pagina dopo pagina, pianta dopo pianta, le figure vegetali animate da Olaf Hajek balzano sgargianti da sfondi piatti – patine rinascimentali che le rilanciano in primo piano –, incorniciate in scenari lussureggianti: ovali, riquadri con grottesche in stile pop e effetti di collage, ma sempre in compagnia assortita di animali e umani. In figura di eleganti damine (le peonie), raccoglitrici di sorbo con bruchi, vedette da circo, immaginifiche, acrobatiche piramidi multispecie di mammiferi, uomini, vegetali, uccelli, trombettieri con impollinatori, ircocervi di cappelli floreali che si fanno marchingegni e paesaggi interi, parterre di giardini immaginari, danzatrici indiane (zenzero) con fenicotteri, soldatini, ciclisti, corsari e signori incilindrati (passiflora).

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Arboreto di testi … da Luzi a De Pisis

Che ci si inebri ad ascoltarli nel loro gergo, parlare albero (Prévert), passandosi l’un l’altro il testimone in un’inesausta lettura da mille e una notte (e altrettante e più pagine), o che lo si apra a spacco, casualmente, questo arboreto di testi distillato in trepida, sapiente partecipazione da Mino Petazzini, testimonia, pur nell’irriducibile alterità di questo nostro antico nemico, nuovo amico,di un infinito dialogare e interrogarsi, nell’assonanza e nell’assomigliarsi che ci lega fino all’immedesimazione, all’autoritratto (La poesia degli alberi Un’antologia di testi su alberi, arbusti e qualche rampicante, Sossella editore, pp. 1050, € 30,00).

Stesse le cicatrici della vita (Luzi), quasi non suo, ma nostro esista il tronco / istoriato di nomi e di chimere (Prevert), sfilano gli alberi, con il loro modo lento di guardare e amare, testimoni di un certo tipo di etica, sufficienti a sé stesi. Solitari e solidari, in radura o filare, ma sempre spiccano con le loro fisionomie e fattezze (ombrose), in un bosco che è noi e ci custodisce Il bosco è dentro di me e io dentro quel bosco, / io la meraviglia dell’ombra che cammina sulla schiena del vecchio cinghiale/ io il suo respiro che piange/ io la foglia fradicia l’orma di un piede lo sterco del cerbiatto (Roversi)

Richiamati a costituire interi piccoli paesaggi, affollati anche di animali, uccelli appollaiati, farfalle e pollini, piantati presagendo, gli alberi portano pensieri lungimiranti per il bene comune. Servono per dire di aeree meteorologie interiori, del vento che li abita, dei cieli che si acquietano tra i rami, del marmo delle nubi e del rumore della notte … ma anche dei torti che subiscono, braccati.

Dopo la sezione che li vede indistintamente protagonisti, intitolata al Prologo degli alberi, la parola tocca alle singole specie in alfabeto (76) con arbusti e rampicanti interpellati per via di versi, madrigali, canzoni, indovinelli popolari, con tanto di presentazioni botaniche e percorsi interpretativi tra gli autori convocati dalle diverse letterature, fino a quelle orientali.

Genealogie incrociate di alberi e miti, metamorfosi e trasfigurazioni valgono come richiamo alla terra, all’infanzia, allo scorrere del tempo, al primo amore o alla prima poesia (come per l’Hesse del giovane faggio sanguigno).

E se la terra è un’arancia, a cui somiglianza venne fatto il mondo e la sensualità del fico, da Dioniso a Demetra fa il paio, da Persefone al Cantico dei cantici, col profumo dei grani del melograno, la trama del carrubo che si profila / nuda contro l’azzurro sonnolento (Montale), contempera gli equilibri diagonali del cedro insuperbito, mentre lo slanciato zampillo d’ombra e sogno (Gerardo Diego) dei cipressi che son stanchi d’essere antichi (Emanuel Carnevali) punteggia l’austerità costante degli abeti in cappello a punta/ vestiti di lunghi vesti/ come astrologhi (Apollinaire).

Oltre gli stereotipi del languore e assieme della ferrea presa del glicine, alla moda tra Liberty e Art Nouveau, nonché della pioggia di fiori del ciliegio, dal legno rosso fosse quasi passato alla fiamma, ammicca l’ostinata vitalba …buona solo per farne fascine e faville (Zanzotto) e il sacro, mediterraneo, coronante ramo d’alloro, questa volta evocato dal De Pisis, oltreché poeta, pittore ed erborizzatore, per dirne ben che può servire per l’intingolo della trota.

Filippo de Pisis
Natura morta con quadro di de Chirico (e alloro), 1928

Mino Petazzini, La poesia degli alberi Un’antologia di testi su alberi, arbusti e qualche rampicante, Sossella editore, pp. 1050, € 30,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 21, Supplemento de Il Manifesto del 30 maggio 2021

Piante medicinali occhieggiano dai campi

A dispetto del suo giocondo diffondersi nei prati, da maggio all’autunno con nuvole di fiori aromatici raccolti in false ombrelle su steli che possono arrivare fin quasi a un metro e foglie finemente frastagliate, l’Achillea millefolium, intitolata al mitico eroe dell’Iliade, viene anche detta herba militaris per le capacità che le si attribuivano di arrestare il sanguinamento. Come una gran parte delle piante terrestri (oltre un decimo), rivela anch’essa attitudini medicinali e se spesso è ancora impiegata nei nostri giardini come erbacea perenne, in gruppi e come sfondo, pure la si trova frequentemente richiamata nel variegato armamentario della farmacopea, più o meno popolare e nella medicina tradizionale a proposito di un’innumerevole serie di proprietà terapeutiche e utilizzi (in questo caso, l’azione antibatterica utile nella guarigione delle ferite, ma, prima dell’uso del luppolo, ad esempio l’impiego nella birrificazione per inibire i microbi).

Custodite in passato nei cosiddetti Giardini dei semplici, riservati alle erbe aromatiche e officinali, e impiegate poi nelle cure di base anche sulla scorta di conoscenze a lungo affidate alla trasmissione orale, le piante “medicinali” sono state a lungo la principale risorsa curativa in Occidente e ancora oggi altrove lo sono. Tornate di recente oggetto di un rinnovato interesse, occhieggiano nei campi e nei nostri giardini, talvolta negli orti, associando al piacere dei sensi e del palato, la capacità di sintetizzare composti capaci di alleviare i sintomi di molti disturbi.

Acanthus mollis

Meritevoli quindi di uno sguardo e un riguardo particolari, a queste benefiche compagne dei giardinieri è dedicata l’efficace, essenziale e riccamente illustrata ricognizione curata da Monique Simmonds, Melanie Jayne Howes, Jason Irving, edita ora in italiano da Guido Tommasi Editore che da anni continua il lavoro di localizzazione di importanti, pregevoli testi, molti come questo nel segno della migliore tradizione di alta divulgazione, da parte di un’istituzione come i Royal Botanic Garden di Kew (Piante Medicinali. Un elenco dalla A alla Z delle piante curative e dei rimedi casalinghi, pp. 224, € 24,90).

Articolato in accurate schede, tra usi tradizionali, scoperte mediche e descrizioni dell’uso di radici, fiori, cortecce, bacche, tuberi, olii essenziali, questo compassato volume sorprende con approfondimenti – le infestanti come medicine – e ricette anche insolite, dal caffè di cicoria alla crema al centocchio, dall’unguento di consolida allo sciroppo di viola mammola.

Brassica oleracea

Monique Simmonds, Melanie Jayne Howes, Jason Irving, Piante Medicinali. Un elenco dalla A alla Z delle piante curative e dei rimedi casalinghi, Guido Tommasi Editore, pp. 224, € 24,90, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 20, Supplemento de Il Manifesto del 23 maggio 2021

Giardinieri con humor

Con umorismo tipicamente inglese, sempre giocando sul filo del paradosso, l’accoppiata di vignette e testi che, per la penna, rispettivamente di Heath Robinson e K. R. G. Browne, si rincorrono tra le pagine del volume Come coltivare un giardino, con arguzia si fanno gioco di fissazioni e idiosincrasie, manie e furbizie del variegato mondo dei giardinieri di fatto e aspiranti tali (Elliot, pp.114, € 13,50).

Pubblicato originariamente nel 1938 nella serie How To…. , animata dal gusto del tempo di stigmatizzare con leggerezza i tic della modernità incalzante (Come essere un marito perfetto, Come vivere in un appartamento, Come essere un automobilista), questo non manuale inscena risposte astruse alle inverosimili esigenze di quella genia evocata sotto il segno dell’assurdo fin dalla dedica: giardinieri scorbutici,  strabici o astemi, quelli in luna di miele, i calvi, gli irsuti, ma anche agli architetti di giardini rocciosi, i tagliatori di fiori all’occhiello. Quelli insomma che da tempo ormai non si vedono i piedi… per le troppe piante.

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Gli Horti dei papi, un metastorico giardino di giardini

A scorrerle in rapida successione, le pagine del sontuoso volume dove Alberta Campitelli torna finalmente a fare punto sulla vicenda dei Giardini Vaticani, dispiegano sotto i nostri occhi, come in una fantasmagorica visione accelerata, il racconto della straordinaria vicenda che in quello spazio tutto sommato ristretto vide il concentrarsi e succedersi di una molteplice varietà di aree verdi e giardini di delizia, il loro mirabile disporsi nei secoli, sovrapporsi, cancellarsi e ricombinarsi in un metastorico giardino di giardini.

In quel contesto così profondamente condizionato dalle specificità, anche simboliche, dei luoghi nonché dall’impervio andamento irregolare del terreno, conchiuso, sempre in relazione stretta con gli edifici del culto e i palazzi Apostolici, e aperto, anche come modello, oltre le prospettive e i paesaggi della città eterna, l’indagine dedicata a Gli Horti dei papi. I Giardini vaticani dal Medioevo al Novecento, Jaca Book, pp. 356, € 50.00procedecon il doppio passo del tempo lungo – che dal Medioevo giunge fino alle più recenti sistemazioni novecentesche – e nel succedersi serrato dei diversi protagonismi, personalità, famiglie, committenze e programmi che si avvicendano sul soglio pontificio. Nonché dei relativi, alterni interessi e delle diverse attenzioni che volta a volta vengono riservate al giardino nelle sue molteplici valenze, simbolico-religiose, politiche e di rappresentanza, morali, artistiche, medico botaniche e di delizia, produttive.

Per forza di incursioni documentarie e rivisitazioni interpretative Alberta Campitelli torna a metter ordine sui tanti, diversi temi di questa così nota ma poco studiata vicenda. Episodi, invenzioni e soluzioni che in questi ambiti hanno anticipato modelli, fissato stilemi e accompagnato l’evoluzione del gusto vengono così ordinati e riproposti, letti a ritroso, a mo’ di palinsesto, discriminando sovrapposizioni e stratigrafie, evidenziando singolarità, relazioni, continuità, enucleando temi.

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Rousseau alla piccola botanofila

Fa perno sul desiderio di condividere la passione botanica che anima i suoi ultimi anni di vita e sull’intenzione pedagogica di spiegare per gradi il mondo delle piante alla giovane figlia dell’amica madame Delessert, che a ciò lo sollecita, la stesura da parte di Jean-Jacques Rousseau delle otto lettere che andranno poi a costituire le sue Brevi lezioni di botanica.

Scritte tra l’estate del 1771 e la primavera del 1774 – una volta tornato in Francia dopo la fuga a Ginevra e poi in Inghilterra per la condanna al rogo delle sue opere con decreto di arresto –, erborizzando in solitarie passeggiate sul filo delle stagioni che lo vedono approfondire, come “studio di pura curiosità”, questa scienza “tra le più amabili”, le lettere verranno pubblicate soltanto dopo la sua morte. Dapprima a Ginevra nel 1782 e poi, nell’edizione del 1805, con il corredo delle illustrazioni del famoso pittore di fiori Pierre Joseph Redouté, il botanico di Saint-Hubert divenuto celebre per i suoi fiori all’acquarello, in particolare le rose, che gli valsero il titolo di “Raffaello dei fiori”.

Ora le lettere vengono riproposte per Piano B Edizioni, con una scelta di 16 delle tavole di Redouté, assieme a un altro testo incompiuto, che testimonia della partecipazione di Rousseau al dibattito sulla classificazione (fu uno dei primi estimatori del metodo proposto da Linneo, di cui fu corrispondente), Frammenti per un dizionario di botanica, dove in una introduzione – qui omessa – Rousseau tratteggia una sorta di breve storia della botanica, pp. 158, € 12,00).

Muovendo piuttosto che dai libri e dalla “conoscenza di parole” e nomenclature, dalla familiarità con la natura – e non da quella addomesticata degli innesti e dei giardini –, vengono così proposte all’indirizzo della “nostra piccola botanofila” una serie di elementari nozioni sulla struttura delle piante, in un’analisi delle principali famiglie, delle parti del fiore e del frutto.

Affinché, lei con noi, eserciti l’intelligenza divertendosi e abituandosi a indagare i perché, a leggere e interrogare il libro della natura, dalla quale – preavvisa – l’uomo si è distaccato, piegandola a proprio vantaggio, alla ricerca dell’utile (così, anche per lo studio della botanica, ridotto alla sua sola valenza curativa).

La lente d’ingrandimento, lo spillo, le forbici per la dissezione, l’erbario da approntare fanno allora il paio con l’esame comparato, l’affilare l’attenzione, l’esercitarsi a giudicare a colpo d’occhio, per poi verificare.
Nella concatenazione delle meraviglie, il linguaggio, chiaro e progressivo, ridice il conforto dell’ordine del mondo vegetale.

Jean-Jacques Rousseau, Brevi lezioni di botanica, con una scelta di 16 tavole di P.J. Redouté, Piano B Edizioni, pp. 158, € 12,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 16, Supplemento de Il Manifesto del 18 aprile 2021

Grandi alberi. Visite ai patriarchi

Immancabile si conferma, anche trasposta tra le pagine dei libri che sul tema si moltiplicano, la fascinazione per i grandi alberi. Troppo spesso forse abbinata a quella per record e primati. A ricercare eccellenze in termini di altezza, volume, longevità, …

Una variabile intrigante del genere fa perno poi sull’esperienza del viaggio che si intraprende per andare a far visita e rendere omaggio a questi patriarchi, con annesso corredo di paesaggi incontrati in opportune stagioni, confidenze di guide locali – stivaloni, aneddoti più o meno verosimili e cani da caccia al seguito –, conversazioni con interi ecosistemi di animali che quegli universi arborei abbracciano.

È il caso di Vite di alberi straordinari. Viaggio tra le piante più antiche del mondo di Zora del Buono (Aboca, pp. 207, € 18.00), in giro tra Europa e Nord America con la sua fotocamera analogica Rolleiflex a testimoniare quanto sia impervia la via di questo tipo di ritrattistica. Che se certo paga pegno ai risaputi Generale Sherman nel Parco delle sequoie, alla larga (quasi 58 metri) circonferenza dell’etneo Castagno dei cento cavalli con leggenda al seguito o agli 80.000 anni e ai 44 ettari dell’individuo colonia di pioppo tremulo dal nome Pando, pure si ritaglia significativi incontri personali, testimoni come il tiglio dove starsene di notte seduti all’interno. O come, sulla soglia della primavera ad Ankerwycke, presso Londra, triangolando lo sguardo tra cime solo immaginabili e distese a terra di bucaneve, vestigia anch’essi – nel loro breve ciclo di vita – della vertigine temporale che da secoli li accompagna al tasso del Saint Mary’s Priory. Pur sempre, comunque, con un abbraccio capace di restituire l’eco della relazione che ciascuno di quei superstiti ci addita da ere per noi incommensurabili. Viatico, nell’unicità di quel loro infinito, infinitesimale, lento progredire, per avviarci a discernere, nella selva indistinta e per impercettibili differenze, le essenze cui per ciascuno meriti affidarsi.

Zora del Buono, Vite di alberi straordinari. Viaggio tra le piante più antiche del mondo, Aboca, pp. 207, € 18.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 13, Supplemento de Il Manifesto del 28 marzo 2021

Bernardo, gli alberi, le rocce t’insegneranno cose più che nessun maestro ti dirà

A partire dalla nota citazione di Bernardo, fondatore nel 1115 della celebre Abbazia di Chiaravalle, “troverai più nei boschi che nei libri: gli alberi, le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”, muove il testo di Francesco Boer, dal sottotitolo anfibio Manuale per decifrare i segni e i misteri della natura, in una ripetuta circolarità tra esplorazione attenta di paesaggi, protagonisti e stagioni e l’invito a leggere ogni incontro come figura, significato anche d’altro. Un incedere fisico e interiore, nella relazione che tramite l’alchimia del simbolo si instaura con la natura e il vivente e ci coinvolge sui sentieri, nei boschi e nelle pagine, in un andirivieni che intreccia osservazione, curiosità e immaginazione, approccio intuitivo, ricercare di assonanze, osservazione scientifica e elaborazione culturale (Troverai più nei boschi, Il Saggiatore, pp. 246, € 19,00).

Con l’armamentario intero del naturalista, l’invito è allora a leggere, con toni a tratti oracolari, tracce e impressioni, segni e linguaggi, storie e ambienti come costellazioni, anche di simboli. Dal corno della muta del capriolo alla pelle del serpente (al tempo stesso simboli e segni di un racconto), dall’affollato universo brulicante di vita e relazioni d’ogni albero alla grande sinfonia di fioriture, coleotteri, farfalle, fremiti di vento nelle multicolori comunità del prato in primavera (ma anche di quello steso, sopito d’inverno quando la vita si ritira, per poi ripartire con bucaneve, crochi, primule e violette).

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Il patrimonio delle Rose Tè

Dopo il volume dedicato alle Banksiae, poi alle Cinesi, ecco prosegue con afflato enciclopedico assieme, ma nella forma ricca di suggestioni dell’almanacco – che come in un libro pop up, oltre i saggi, elegantemente si affolla di focus, documenti, immagini, testimonianze – l’esplorazione del mondo delle Rose Tè, a cura di Nicoletta Campanella, con contributi vari e l’impeccabile nitore descrittivo delle oltre cento schede con foto di Rita Oliva (Nicla Edizioni, nella collana La vie en Roses, pp. 372, € 32,00).

Sempre sullo sfondo della trama di implicazioni reciproche tra le diverse manifestazioni dell’evoluzione sociale del gusto, tra moda, sapere botanico, cataloghi, collezionismo, imprenditoria e giardino, vengono qui ripercorsi contesto e vicende dell’ibridazione anglo-francese delle rose arrivate dalla Cina. Dispiegatesi con la colonizzazione britannica della Costa Azzurra – sorta di invenzione di miti, panorami e stili di vita – e della riviera dove, nella sua imprendibile mutevolezza, quella classe di rose, icona raffinata dell’epoca vittoriana, incontra il clima e la luce del Mediterraneo e intercetta poi la spinta innovativa del contesto produttivo delle seterie di Lione. Evidenziando anche qui il rilievo di una – tutta ancora da considerare – dimensione dell’economia dei fiori e del giardino (si veda, appena uscito per Penguin, An Economic History of the English Gardendi Roderick Floud).

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