In vari gradi di approssimazione, dai cortili di case e palazzi progettati con svettar di piante su aiuole rialzate, così da poterle osservare dall’interno, a quelle trapiantate tra le mura domestiche, in vasi e urne, serre e terrari, le presenze vegetali disseminate nei più diversi spazi abitativi vantano una loro lunga storia. Fino all’attuale, talvolta incoerente, pervasiva febbre vegetale per le piante da appartamento.
Così ci racconta, pur senza troppe pretese, Molly Williams nel suo volume La tua casa botanica. La strana e sensazionale storia delle piante da appartamento e tutti i segreti per prendersene cura, Aboca, pp. 244, € 19,50. Dall’uso romano di abbellire case e spazi pubblici con fiori recisi posti in contenitori in ceramica e fioriere rinvenute dagli scavi archeologici, anche negli atrii delle case minori, all’arte orientale di ricreare scenari naturali in miniatura, che si tratti dei cinesi penjing sistemati su scaffali di librerie o bassi tavolini, del vietnamita hòn non bô, o di quelli ormai noti come bonsai, presenza essenziale nella cultura giapponese, ma divenuti fenomeno diffuso di segno globale. Testimonianza di un esito tra gli altri della svolta costituita dall’imperialismo botanico avviato con la scoperta dei nuovi mondi, è, degli inizi del 600, la pubblicazione del primo manuale di giardinaggio con una sezione interamente riservata alle piante da appartamento. Perlopiù da quei mondi provenienti. Con fiori profumati che hanno allora anche la funzione di contenere l’assedio dei miasmi cittadini. E il grande favore che riscuotono gli agrumi che profumatamente fioriscono d’inverno – indice peraltro della ricchezza dei loro proprietari, in primis Luigi XIV con la sua collezione di oltre 3.000 piante per l’Orangerie –, o i bulbi da fiore che possono essere forzati al chiuso, anticipando le stagioni.
Di pari passo con il commercio delle piante rare, in particolare poi di quelle “resistenti”, capaci cioè di adeguarsi ad habitat così diversi, si va diffondendo nel 700 un vero mercato dei vasi, nonché, in epoca vittoriana, di terrari sempre più elaborati, giardini di inverno e serre riscaldate.
Fino alla realizzazione ad esse ispirata del Crystal Palace disegnato da Joseph Paxton nel 1851 per l’Esposizione universale di Hyde Park, a Londra.
Con la nuova febbre delle orchidee prosegue anche la mania per i bulbi, anche se il tulipano è stato ormai soppiantato dal giacinto. E sullo sfondo delle foto d’epoca, silhouette di palme kentia (Howea forsteriana) o aspidistre campeggiano onnipresenti tra gruppi di famiglia, e perfino tra gli sfarzosi arredi del Titanic in partenza nel 1912,dove, ovunque sui tavoli e negli angoli, figurano anche filodendri, edere e palme, indice anch’esse di un lusso consonante.
In questa fase, molti libri sulle piante da coltivare in casa vengono scritti da donne per le donne. Così come spesso saranno poi le donne, con il loro nutrito ingresso nel mondo del lavoro del secondo dopoguerra a portare con sé le piante in ufficio.
Già con la fine degli anni ’20, le piante destinate a essere coltivate all’interno risultano per la prima volta facilmente disponibili sul mercato al dettaglio, a un prezzo abbordabile. Mentre, di pari passo con i mutamenti di stile, costruttivi e di arredo, delle abitazioni – finestre più grandi, soffitti più alti, nuovi sistemi di riscaldamento –, si determinano differenti atmosfere di coltivazione. Se il liberty porta anche negli interni linee e forme naturali spesso ispirate alla vegetazione, le successive tendenze si inscrivono in un sempre più stretto rapporto tra natura e sviluppo urbano. Anche le piante si adeguano: al modernismo, nelle loro varianti più scultoree; con la Monstera deliciosa negli anni ’60; e, per i ’70, con ficus, filodendri tropicali e terrari, nonché l’iconica pianta ragno, il falangio (Chlorophytum comosum). Crescendo senza radici nel terreno, quelle epifite risultano perfette per gli uffici (assieme all’introduzione per le altre dei vasi con riserva d’acqua). Dopo la giungla domestica anni ’70, con la mania dei portavasi in macramè, rifluisce il rarefatto, disimpegnato (nella cura), minimalismo anni ’80. Fino all’emergenza delle orchidee anni ’90 e, più di recente, delle piante da lockdown, con la domanda che sale alle stelle, e l’impazzare sui social di plantfluencers di vario conio.
E con sullo sfondo la preoccupazione di come pericolosamente funzionino, oggi come ieri, pur tra reti di biosicurezza e normative doganali, le dinamiche del commercio delle piante. Magari di quelle rare, o a rischio; illegalmente sottratte al loro habitat naturale in una sorta di nuovo bracconaggio.
Molly Williams, La tua casa botanica. La strana e sensazionale storia delle piante da appartamento e tutti i segreti per prendersene cura, Aboca, pp. 244, € 19,50, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 23, Supplemento de Il Manifesto del 11 giugno 2023