La moltitudine di giardini storici distribuiti sul territorio italiano in fitta trama testimonia, anche nella loro dimensione minore, magari in piccoli centri, realtà laterali, snodi secondari, del loro ruolo nella storia culturale e del gusto della penisola, nella dialettica sempre attiva tra ampi orizzonti, mode, processi e tendenze generali, da un lato, e specificità locali, tra sodalizi di prossimità e sistemi di relazioni internazionali.
Come primo volume di una nuova collana di monografie dedicata appunto ai giardini storici italiani aperti alla visita, la paesaggista Irma Beniamino indaga con dovizia di documentazione, tavole e disegni, e felice capacità narrativa le vicende di quello piemontese, sulla collina del Chivassese, de Il castello di San Sebastiano da Po, con la scelta che, per noi incomprensibilmente, omette però dal titolo il fulcro del tema, il giardino (e ciò, parrebbe, anche per i prossimi volumi, annunciati con firme prestigiose come quello di Alberta Campitelli e Sofia Varoli Piazza dedicato a Il Castello Ruspoli di Vignanello, ma, si immagina, ancora una volta, piuttosto ai suoi importanti giardini (Neos edizioni, pp. 192, € 24,00).
In auge particolarmente negli anni tra seconda metà del Settecento e tardo Ottocento, anche questo giardino interpreta e riflette le diverse fasi attraversate. Occasione e precipitato volta a volta di interazioni varie tra artificio compositivo, cultura botanica, collezionismo e socialità correlate, dal ridisegno barocco a opera di Bernardo Antonio Vittone – che lo amplia con bordure, parterre simmetrici, un asse visuale prospettico, tipicamente terminante con un’esedra semicircolare, la terrazza affacciata sul panorama collinare – al dissolvimento della struttura formale operata poi, a partire dal 1815, dal progettista Xavier Kurten secondo il nuovo stile paesaggistico d’ispirazione inglese, con percorsi sinuosi, radure a prato, sistemazione della collina a boschetto, dove, improvvisa, si disvela la visuale sul paesaggio della piana del Po fino alla catena alpina.
Assieme al ruolo di progettisti (e giardinieri cui opportunamente si riserva una specifica attenzione), con particolare rilievo emerge la regia tra i proprietari del conte Luigi Raimondo Novarina, conosciuto come marchese De Spin. Alla cui competenza e passone collezionistica in progressione si deve la costituzione qui di un vero e proprio giardino botanico, presto noto ben oltre il Piemonte, in Europa, per rarità conservate e accurata organizzazione di raccolte di piante esotiche.
Scambi epistolari – nonché di semi e piante – in una fitta rete di corrispondenze scientifiche, analisi di cabrei e registri dei conti di casa ne restituiscono la vita e la fisionomia. Acquisto e posa di viti, carpini e biancospini, demolizioni, progetti per il giardino esteriore, la citroniera per ospitarle durante l’inverno agrumi e gelsomini (e utilizzata d’estate come bigattiera per i bachi da seta), la costruzione di serre a vetri inclinati ombreggiate da teleroni e della vasca circolare come riserva idrica, gli acquisti presso un nuovo mercante lionese, l’introduzione e diffusione di specie esotiche, ma anche di spalliere di fruttiferi e colture agricole di diversa utilità.
I viaggi botanici (fin anche a Londra) compiuti ogni estate dal De Spin, le relazioni intrattenute con botanici e collezionisti raccontano dell’accrescersi delle rarità nella collezione e della ricerca continua di attribuzioni sistematiche e aggiornamenti della nomenclatura, confermati nella stampa di diversi Cataloghi del giardino, con ritratti delle piante esotiche e periodiche revisioni, fino a quella del 1818 che recensisce 2.848 entità appartenenti a 708 generi (e fin anche a un Catalogo di vendita del 1825 per proporre le piante in soprannumero).
Alienate le collezioni di piante esotiche dopo la morte di De Spin nel 1833, con la metà del secolo e con il conte Camillo Miglioretti, il giardino avrà un nuovo impulso: una sistemazione aggiornata con la costruzione del tempietto neoclassico a 4 colonne collocato tra le serre, la realizzazione del “passeggio di fuori dal giardino”, la ripresa dei sistemi di spalliere e controspalliere di fruttiferi, con predilezione per le novità varietali di origine francese. Un giardino “fruttaiuolo” dove non mancano camelie, rose, calicanti, forsythia, spiree, magnolie, buddleya, ortensie. E la collezione di 130 dalie accuratamente descritte, divenute a cavallo del 900 elemento caratterizzante della veste estiva del giardino.
Irma Beniamino, Il castello di San Sebastiano da Po, Neos edizioni, pp. 192, € 24,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 14, Supplemento de Il Manifesto del 23 aprile 2023
PS. Se una serie di interessanti contributi in apparato son disponibili nella versione digitale che arricchisce il volume, questa incorpora però anche le note al testo, che quindi occorrerà consultare in andirivieni con il cartaceo. Una vera crudeltà.