Esponente di punta della seconda maniera del giardino paesaggistico inglese che, dopo Lancelot Brown, tra metà del XVIII secolo e il volgere del successivo, si dibatteva tra le suggestioni degli esotismi di William Chambers e l’asprezza delle riserve del “pittoresco”, Humphry Repton incarna un’estetica che recupera il naturalismo alle ragioni della compostezza, anche formale. Alla ricerca di un continuo, produttivo equilibrio tra natura e arte, dove l’interferenza di quest’ultima sul paesaggio deve esser nascosta con ogni cura. Per imitare la natura l’arte deve ingannare.
Una dialettica sempre perseguita, nel suo indefesso lavoro di suggeritore-progettista di giardini, in tutta l’Inghilterra, e metodologicamente resa fin dal titolo scelto per le sue Osservazioni su teoria e pratica del giardinaggio paesaggistico, ora riproposte da Olschki, a cura di Andrea Mariani e Massimo de Vico Fallani (pp. 187, € 50,00).
Qui, a fronte delle difficoltà di trarre regole generali,il ragionamento di Repton procede sempre per inclusione di argomentazioni differenti, valorizzando contraddizioni e bilanciando posizioni, nell’analisi concretamente applicata a situazioni sempre diverse. Dove distinguere quindi soluzioni che volta a volta Repton argomenta sulla base della sua vastissima esperienza di professionista (fu il primo a coniare la definizione di “landscape gardening”).
Autodidatta ma di letture ampie nel campo delle arti figurative e dell’architettura come nelle discipline scientifiche – la fisica e l’ottica dei meccanismi che presiedono alla percezione – grazie alle quali conferma le sue osservazioni con schemi e grafici, Repton procede preferibilmente per singoli casi e “a seconda delle circostanze”.
Considera inseparabili giardinaggio e architettura – e per entrambi come da evitare le commistioni di stili. E di questa relazione saranno espressione il sodalizio con il famoso architetto e urbanista John Nash e soluzioni dove la residenza risulta in relazione stretta con il parco e parte integrante della scena paesaggistica. Tra il parco e la casa Repton reintroduce elementi di simmetria, l’invito all’utilizzo formale di terrazze come basamento che eleva quest’ultima e, nei pressi, aiuole fiorite e l’utilizzo di serre e padiglioni. Influenzando e anticipando soluzioni che si ritroveranno nello stile “gardenesque” e nel pragmatismo funzionale degli sviluppi d’oltreoceano.
Nel suo intervenire in dialogo tra morfologie e architetture Repton esamina i diversi metodi per tener nascosti confini e recinti esterni, illustra il ruolo di viali d’ingresso, sentieri, bivii, cancelli doppi, l’opportunità, o meno, e il modo di procedere a spostamenti di terra e a modifiche della linea del terreno, preferendo in genere l’uso di piantagioni. E distinguendo però l’impianto di alberi già adulti per risultati immediati da quelli pensati invece a lungo termine.
L’invito è poi sempre ad applicare alla modifica del paesaggio le regole della “visione”. A considerare congiuntamente campo visivo, inclinazione, distanza e posizione, e nell’introduzione nei parchi di specchi d’acqua a misurare le forme che derivano dal riflesso degli oggetti – pressoché assente nell’acqua in movimento, mossa dal vento o dalla corrente, in grado invece di raddoppiare ogni oggetto che si trovi sulle sponde a partire dalla superficie immobile degli specchi d’acqua artificiali.
Argomentando per temi, a chiarire le tesi esposte, Repton ripropone così nel volume gli esempi tratti dai suoi famosi taccuini rilegati in pelle rossa. I Red Books dove, di volta in volta, aveva messo per iscritto il suo parere per i proprietari committenti e raccolto mappe e disegni acquarellati che, tramite linguette pieghevoli sovrapposte, mettessero a confronto il modificarsi dello stato delle loro proprietà, prima e dopo il suo intervento. Scusandosi, come dice, per il tratto di qualità diseguale, dovuto a un lavoro fatto spesso in carrozza nei frequenti spostamenti tra un sopralluogo e un altro dei suoi molti incarichi.
Humphry Repton, Osservazioni su teoria e pratica del giardinaggio paesaggistico, a cura di Andrea Mariani e Massimo de Vico Fallani, Olschki, pp. 187, € 50,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XII, 5, Supplemento de Il Manifesto del 30 gennaio 2022