Raramente da intendersi come naturale copertura continua di uno spazio definito, il bosco di cui si parla con riferimento all’Italia risulta piuttosto come una grande varietà di paesaggi, esito in molteplici declinazioni dell’incessante lavorio dell’operare umano. Così, per riscontrare i fili di una storia millenaria delle forme che nella sua conduzione il bosco assume, occorre uno sguardo capace di riconoscere e criticamente saper leggere le tracce di una vegetazione forestale a lungo associata e fortemente intrecciata alle attività agricole e pastorali in relazione stretta al mutare delle dinamiche socioeconomiche.
Come già nella lezione di Emilio Sereni per l’intero paesaggio agrario, anche per il bosco che ne è componente essenziale, pratiche e sistemi che nella lunga durata e nella diversità di habitat naturali della penisola hanno generato paesaggi particolari sono da leggersi in prospettiva storica, nell’ambito di differenti modelli produttivi e dinamiche sociali, nonché proiezioni immateriali.
È quanto, a fronte di una percezione del paesaggio di tipo naturalistico spesso assoluta, separata dal contesto, ci suggerisce la lettura dell’ampia sintesi che Mauro Agnoletti dedica alla Storia del bosco. Il paesaggio forestale italiano, editori Laterza, pp. 366, € 22.00, insistendo sulla valenza culturalmente determinata del bosco e risalendo, anche nel dibattito storiografico, tappe e temi del suo significativo contribuire agli sviluppi della vita associata.
L’attenzione si concentra così sulle trasformazioni del paesaggio forestale, sugli usi del bosco e le sue modalità di gestione, che ne modificano perfino la composizione delle specie. Dai boschi da pascolo ai pascoli arborati, alle forme più diffuse di governo forestale, quelle del bosco ceduo, dedicato a ricavarne tanti diversi tipi di prodotti, come quelle dei boschi ad alto fusto, per lo più riservati al legname da costruzione e a quello da carpenteria, nonché alla ghianda per l’allevamento brado del bestiame. Fino a ricomprendere nel dinamismo di tutta una serie di dialettiche intermedie formazioni secondarie che pure integrano l’identità culturale mediterranea, come la macchia, in grado di produrre paesaggi particolari in relazione a specifiche pratiche di coltivazione, ad esempio l’erica. Boschi da marina e relativi sistemi di gestione, boschi per la caccia con corredo di pratiche di uccellagione tra ragnaie e roccoli, boschi e carbone, usi comuni e specificità come quelle della selvicoltura monastica o della civiltà del castagno son tutti temi e processi, approfondimenti di area e di scala che, tra permanenze e discontinuità, articolano una cultura del bosco che va perdendosi malgrado o proprio in relazione al triplicarsi in estensione del bosco registrato in Italia nell’ultimo secolo. Dovuto però all’abbandono delle attività collegate. Fenomeno speculare alla concentrazione di popolazione e attività in poli urbani ad alta densità in un processo di polarizzazione tra sistemi poco interconessi. Semplificazione che si traduce di fatto per il bosco e il paesaggio tutto in una perdita di biodiversità culturale. Anche a fronte degli automatismi di politiche di tutela – lamenta Agnoletti – che, schiacciati su un approccio proprio piuttosto dell’ambientalismo nord americano teso a privilegiare la dimensione naturalistico ambientale e nella percezione a evidenziare il degrado operato per mano dell’uomo, trascurano la specificità italiana di un paesaggio forestale caratterizzato da una così forte impronta antropica.
Mauro Agnoletti, Storia del bosco. Il paesaggio forestale italiano, editori Laterza, pp. 366, € 22.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica IX, 28, Supplemento de Il Manifesto del 14 luglio 2019