Seppur sullo sfondo del suo lavoro critico, di decostruzione su regimi neoliberisti, digitale, capitalismo cognitivo,il filosofo di origini coreane Byung-Chul Han si concentra ora sulla proposta di un giardino segreto, in coreano Bi-Won, inteso come giardino di inverno. Un progetto di recente messo in atto nei pressi di Berlino, dove risiede, e raccontato nel suo diario per note e stagioni, Elogio della terra. Un viaggio in giardino (Nottetempo, pp. 181, € 17,00, con 24 illustrazioni botaniche di Isabella Gresser).
La scrittura sincopata, che in rapide suggestioni ci confida la summa delle sue predilezioni e antipatie – filosofiche, letterarie e botaniche –, ma anche il movimento meno ingenuo di indifferenze e ripensamenti, ci addentra nel tempo relativo delle piante, nel dilatato susseguirsi delle stagioni. Dalle invernali forme, discrete e fragili, e dalle loro fragranze muschiate (della coreana forsizia bianca al sentore di mandorla, del calicanto e fin del caprifoglio), al vellutato risuonare in festa dei germogli del salice che si rianima a primavera, al gioioso calore della luce delle fioriture estive, al succedersi di andare e venire del momento in cui tutto … autunna già.
Qui però, diversamente dall’auspicata – da altri (leggi Gilles Clément) – saggezza del giardiniere, che in giardino tende a … lasciar andare, Byung-Chul Han ha trovato confortante decider tutto sulla base dell’assunto di raccogliervi piante che nel rigido clima dell’inverno berlinese fioriscano di continuo, anche sotto la neve. Tutto si tiene, pure in un gioco di presenze e sfasature. Sfasature, quelle di un gelsomino d’inverno dai fiori gialli e luminosi, che appunto in pieno inverno sa evocar la primavera, della paura dell’imminente fine dell’estate già ad aprile e di piante ritardatarie, sfiorite a fine ottobre, che però riprenderanno a sbocciare. Presenze, di un nominare che continuamente ci arricchisce: l’aspetto buffo dei piè di gallo e lo spintonare degli anemoni a febbraio, i bucaneve pensosi o sognatori, gli ellebori che illuminano la notte, le hosta e ortensie con cui l’autore fin si identifica per il loro amare l’ombra, l’astilbe che con la luce dorata delle sue infiorescenze quell’ombra modella in un raddoppio prediletto dell’inverno.
Quel che si vuole è un giardino come luogo estatico, per indugiare nel tempo in una meditazione silenziosa, luogo di redenzione e beatitudine, dove imparare a stupirci della terra, fonte di felicità, anche nella dimensione fisica, corporea, del sensibile. Creatura, viva, fragile, la terra, di cui prendersi cura, elogiandola in un’invocazione che – tra lo strombettare viola dei fiori delle campanule – suona anche da monito. Una realtà riconquistata insomma, il giardino (laddove la digitalizzazione tende ad abolirla).
E se, con rabbia, Byung-Chul Han confessa di detestar le foglie di quercia cadute che, come il neoliberismo – dice –, annientano in giardino ogni differenza (lente come sono a degradarsi in humus), dell’edera invece, che pure non gli è mai piaciuta, scopre come sappia anche brillare di uno splendore nascosto. E, a contemperare l’avversione per le erbacce, che solitamente estirpa, racconta di come in quella forma invasiva abbiano saputo arrivare in giardino piante che ora lo rendono felice, come l’achillea che sa di non aver piantato lui.
Per finire, con la grazia a tratti ingenua dell’entusiasmo di chi si sente, ben venga, iniziato, con la consapevolezza di come, oltre il prodursi delle fioriture d’inverno, valga a dilatarne l’intensità, la bellezza dell’ossatura delle ombrella disseccate delle ortensie e, in genere, il perdurare del profilo degli steli e delle infiorescenze appassite di anemoni e graminacee.
Magari in un’estetica oltre la decorazione che, assumendo, come già con il neonaturalismo di Henk Gerritsen, il rilievo dell’intero ciclo di vita delle piante, restituisca alla bellezza sfiorita delle silhouette invernali l’espressività propria del loro mantenersi, fin nel disfacimento.
Byung-Chul Han, Elogio della terra. Un viaggio in giardino, Nottetempo, pp. 181, € 17,00, con 24 illustrazioni botaniche di Isabella Gresser, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XII, 12, Supplemento de Il Manifesto del 20 marzo 2022