Talvolta sta soltanto in un’angolazione che varia. Capita, percorrendo a ritroso il sentiero già intrapreso al mattino alla ricerca di funghi. Ed è magari allora che, sotto una luce diversa, ci si avvede al ritorno di quanto all’andata era sfuggito.
Così, il proposito iniziale di Long Litt Woon, di origine malese ma fin dagli anni della giovinezza trapiantata in Norvegia per amore, di narrare, da antropologa, il suo percorso di indagine sul mondo dei funghi e degli appassionati (spesso maniaci) fungaioli – fino al suo entrarne a far parte, esperito il rito di passaggio dell’esame da ispettrice –, si raddoppia in un’esplorazione in parallelo del nesso che intreccia questo partecipato indagare micologico con quello dell’elaborazione del lutto cadutole addosso con l’improvvisa morte del marito.
Dall’anestesia iniziale alle contabilità della perdita, dal limbo del vuoto di parola al progressivo ricomporre le tessere fino al darsi nuove ragioni di vita La via del bosco è allora come recita il sottotitolo Una storia di lutto, funghi e rinascita (traduzione di Alessandro Storti, Iperborea, pp. 272, € 18,50). Che procede per associazioni e risonanze, dal seminterrato del Museo di storia naturale presso i giardini botanici di Oslo dove l’incerta principiante intraprende il corso di micologia fino alla condivisione procedurale dei gesti che attivano e affinano il sesto senso, per i funghi. Lo scandagliare il terreno che, dimentichi di tutto quanto è attorno, riattiva l’istinto del cacciatore-raccoglitore, tra impulso primordiale del fare scorta e gioia della scoperta cumulativa, introduce poi a un’esperienza tattile e sensoriale che dal chinarsi sul fungo per esaminarlo con la lente, capovolgendolo e annusandolo, procede alla sua meditativa, accorta ripulitura.
Tra mappe segrete dei luoghi di raccolta, storie di scoperte favolose, pur sempre elusive sul dove, e inaspettate epifanie sul percorso casa-ufficio, come anche in visita al Central park di New York (ricco di 400 specie registrate), l’autrice ripercorre con arguzia costanti e idiosincrasie dell’universo dei micofili, dove, oltre ogni appartenenza, l’invisibile gerarchia di competenza risolve ogni disomogeneità sociale. E assieme, sul filo dei nomi fiabeschi e nell’alternarsi di pagine monocrome che – con tanto di immagini e descrizioni di caratteristiche, habitat, proprietà – evocano vecchi manuali di micologia, il mondo dei funghi, variopinto di pigmenti e profumi, onnipresente di varietà e protagonismi, diventa microcosmo dove riattivare nel flusso della vita le ragioni dei sensi, sentirsi parte stando nell’incertezza, dove, sempre sulla soglia, via via anche il peso che sempre grava sulle spalle si fa lieve.
Long Litt Woon, La via del bosco. Una storia di lutto, funghi e rinascita, traduzione di Alessandro Storti, Iperborea, pp. 272, € 18,50, recensito da Andrea Di Salvo su Il manifesto del 2-9-2020, p. 11