Con lo straniante portato di rimettere in questione la visione antropocentrica di cui siam permeati, la sempre maggior conoscenza dell’alterità delle piante rinvia a una realtà del vivente ben complessa. A partire dalla riconsiderazione del concetto di identità, per cui una pianta è piuttosto assimilabile a una colonia che a un individuo, suggerisce una trama di strette connessioni, legami in divenire tra esseri, habitat e soggettività che si definiscono in un concerto di mutue relazioni.
E questo ancor più se a tale alterità si guarda attraverso il prisma della loro vita riproduttiva, con la sorprendente complessità di strutture biologiche, varietà di caratteristiche e comportamenti sessuali, inventiva di strategie secondo cui le piante si sono riprodotte sempre evolvendosi nei loro 470 milioni di anni di esistenza. Dalla comparsa del fiore a innovative collaborazioni con numerosi vettori di pollini e semi, dall’autoimpollinazione alla clonazione, al declinarsi di risposte adattative estremamente ricche in termini di biodiversità, con aumento del numero di specie e conquiste di habitat e territori
È quanto si propone Johanne Anton nel suo Come si amano le piante, WUDZ editore, pp. 213, € 17,00 analizzando oltre trenta casi con corredo documentario di svelti acquarelli dal felice piglio narrativo.
L’autrice tratteggia così una sorta di storia evolutiva delle piante sub specie della loro sessualità, con una particolare attenzione a come il linguaggio della botanica si sia dimostrato inventivo nel lessico e nelle metafore per veicolare concetti nel descrivere e denominare gli elementi di una vita sessuale così diversa rispetto ai nostri riferimenti.
Se è con le 12.000 specie di felci diffuse durante il carbonifero (tra 359-299 milioni di anni fa) che si formano intere foreste dove appaiono le prime vere foglie nel regno vegetale, ma per la cui fecondazione l’acqua è ancora imprescindibile, è soltanto con le conifere che, dopo le spore, appaiono i semi come tramite per la riproduzione. Semi nudi perlopiù, non protetti da un ovario chiuso. E, soltanto dopo altri 100 milioni di anni avverrà, con le angiosperme, la rivoluzione sessuale dei fiori che ha cambiato il corso dell’evoluzione.
Piante da fiore che oggi costituiscono il 90% delle circa 300.000 specie vegetali presenti sul nostro pianeta, mentre le gimnosperme sopravvissute rappresentano meno del 10% e le decine di migliaia di specie di conifere si son ridotte a meno di 1000.
Senza dimenticare i precedenti della doppia natura del lichene, unione (da 450 milioni di anni) tra specie appartenenti a due regni diversi, un fungo e un alga, e dei muschi, reliquie delle prime piante adattate alle condizioni di vita sulla terraferma, dove pure gli insetti contribuiscono alla dispersione delle spore.
I casi che la Acton ripercorre evidenziano come, nel doppio passo impollinazione-fecondazione, le strategie di seduzione delle piante nei riguardi di portatori di polline e di speditori di semi – spesso in una coevoluzione con vantaggio reciproco, anche se non priva di rischi – si affinino e varino nel tempo nel segno della specializzazione.
Dalla passione del colibrì golarubino (Archilochus colubris) per la Lobelia cardinalis endemica del Quebec, al lemure variegato, tra i maggiori collaboratori del mondo vegetale dopo l’uomo, per l’albero del viaggiatore o Ravenala madagascariensis. Dal percorso di impollinazione reciprocamente vantaggioso tra la yucca, presenza ormai pervasiva nelle nostre case e uffici, e la sua falena impollinatrice del genere Tegeticula a rischio invece di estinzione nel suo areale d’origine, fino al ruolo crescente dei gechi come impollinatori in ragione del cambiamento climatico e della perdita di molti insetti
Nel caleidoscopio delle strategie riproduttive, accanto all’autofecondazione del ranuncolo, si ricordano il caso, unico conosciuto ad oggi per le piante acquatiche, dell’erba tartaruga (Thalassia testudinum) dei mari tropicali che sembra avvalersi del trasporto di polline da parte di crostacei e piccoli vermi con relativa ricompensa alimentare, o gli stratagemmi di tipo mimetico come il sofisticato travestimento del fiore di alcune orchidee che imita figura e odore dei feromoni sessuali femminili dell’insetto impollinatore.
Non mancano poi ingegnosi meccanismi: di ricompensa, per esempio termica, nel caso del loto che di notte sviluppando calore attira coleotteri nel ricettacolo del fiore, o quelli che consentono agli ovuli dell’albero di ginkgo di esser fecondati anche dopo che sono caduti a terra.
Così, nella varietà della loro alterità, la geniale ricchezza di invenzione nei frutti da parte delle angiosperme, le infinite forme dei semi – così come quelle dei grani di polline, a palloncino, spiga, sferici triangolari o ovali, polverulenti o appiccicosi, multicolori –, tante quante le forme di locomozione, dal più grande fino ai 25 kg del cocco di mare (Lodoicea maldivica), capace di viaggiare per mesi galleggiando a quelli minuscoli di alcune orchidee, raccontano ciascuna per aspetto e dimensioni una storia di sessualità e adattamento, indizi sul modo in cui gli embrioni vengono dispersi, passando per il tramite di animali – anche del loro stomaco, per favorire la germinazione – oppure trasportati dal vento su ali, samare, peli lanuginosi. Sempre, In una felice combinazione di estetica, utilità ed efficienza.
Johanne Anton, Come si amano le piante. Lezioni sull’amore, il sesso e il desiderio dal mondo vegetale, WUDZ editore, pp. 213, €17,00 , recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIV, 21 Supplemento de Il Manifesto del 23 giugno 2024