Sempre più negli ultimi vent’anni si è andati riconoscendo al clima e ai suoi cambiamenti uno ruolo rilevante nel dibattito storiografico. Anche alla luce dei progressi della paleoclimatologia, delle sue scoperte più recenti, dei nuovi metodi dell’indagine archeologica, del concorso di antropologia, ecologia e storia dell’ambiente nello studio del clima del passato. E, proprio sul presupposto che la conoscenza dei mutamenti climatici contenga una lezione da trasmettere al nostro mondo industrializzato, si fonda il volume di Brian Fagan e Nadia Durrani dedicato alla Storia dei cambiamenti climatici. Lezioni di sopravvivenza dai nostri antenati, Il Saggiatore, pp. 383, € 27,00. Che – restituendo un quadro complessivo del dispiegarsi del fenomeno – si interroga soprattutto su quali forme di adattamento e quali strategie siano state elaborate e messe in atto dal genere umano per sopravvivere a mutamenti e sconvolgimenti del clima nel corso degli ultimi 30.000 anni?
Per lo studio delle antiche variazioni climatiche – per tutto quel che precede la disponibilità di misurazioni strumentali in serie, effettuate solo a partire da metà 800 –, si ricorre all’incrocio di una grande varietà di fonti e di metodi indiretti. Analisi di sedimenti marini, carote di ghiaccio, depositi di loess, stalattiti e stalagmiti e, per gli anni più recenti (gli ultimi 15.000), granelli fossili di pollini delle paludi, conteggio degli anelli degli alberi, sia vivi, sia prelevati da edifici e scavi, e poi ancora, resoconti storiografici e documenti, fino ai registri che riportano le date di fioritura dei ciliegi in Giappone nel corso degli ultimi 600 anni o alla ritrattistica di paesaggio del 900, con cieli meno azzurri e atmosfere più fosche, considerata – al netto delle convenzioni artistiche – come spia del susseguirsi di eventi vulcanici.
L’invito è a distinguere tra perturbazioni di breve durata, episodi catastrofici – gli anni senza estate conseguenti alle eruzioni, come nel 536 o nel 1815 – e, invece, sconvolgimenti di lungo periodo, come quelli caratterizzati da un significativo abbassamento delle temperature, da cicli aridi plurisecolari, fino a siccità di lunga durata come quella che tra 2200 e 1900 a.C. colpì il Mediterraneo orientale e l’Asia meridionale. E, ancora, a considerare i fenomeni ricorrenti, come le variazioni delle radiazioni solari, le glaciazioni, i cicli di attività vulcanica, il sistema monsonico asiatico, El Niño e La Niña, le modificazioni della Corrente del golfo, nonché le lunghe fasi convenzionalmente indicate come l’optimum climaticum romano (dal 200 a.C. al 150 d.C.), il periodo caldo medievale (800-1300), la piccola era glaciale (1300-1850).
Così, nelle diverse situazioni, ere e latitudini analizzate, nel concorso tra dinamiche ecologiche, economiche, politiche, se non son certo le variazioni climatiche a provocare la caduta delle civiltà antiche, in mancanza di adattamenti e risposte efficaci – prima tra tutte, dispersione e mobilità –, spesso ne accentuano però la vulnerabilità.
Nell’analisi dei processi ricorrono come elementi critici il peso dell’indiscriminata deforestazione di aree boschive, dello sfruttamento del suolo con l’aumento dell’impermeabilizzazione che fa il paio con urbanizzazioni estese e la sempre maggiore domanda di cibo, la messa a coltura di terre marginali, il loro uso intensivo e l’incremento della salinità. In questo senso, si evidenzia come nella necessità di continuamente adattarsi al mutare delle variabili del clima, un ruolo centrale giocano la sapienza ambientale, la conoscenza di habitat e ricorsività climatiche, la reciprocità nella gestione dei rischi, lo scambio di informazioni, la capacità di previsione e progettazione a lungo termine.
Nella consapevolezza che se fin qui l’adattamento climatico è avvenuto principalmente su scala locale per risolvere problematiche specifiche di un particolare territorio, oggi la questione non può che essere, assieme, di portata locale e globale.
Brian Fagan e Nadia Durrani, Storia dei cambiamenti climatici. Lezioni di sopravvivenza dai nostri antenati, Il Saggiatore, pp. 383, € 27,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XII, 28, Supplemento de Il Manifesto del 10 luglio 2022