Al centro dell’attuale dibattito scientifico come di quello sui media, bussola delle scelte di indirizzo politico a livello mondiale, con le relative ricadute economiche e sociali, la climatologia è divenuta ormai una scienza che impegna a nuove condotte e azioni concrete – o almeno le addita. Ad essa si rivolgono Stati, decisori e le maggiori organizzazioni internazionali. Le Nazioni Unite che nel loro mandato hanno la protezione del clima. Ma la sua lunga e composita storia attraversa nel corso dei millenni fasi molto diverse, in un dialogo sempre serrato con la meteorologia. Il geofisico Gianluca Lentini ne ripercorre evoluzioni e tappe nel suo Storie del clima. Dalla Mesopotamia agli esopianeti, Hoepli Microscopi, pp. 139, € 12,90. Fin dall’ingresso del clima come termine geometrico descrittivo, con Eratostene, nel significato etimologico di inclinazione dell’asse terrestre e poi con la molteplicità di significati interscambiabili che hanno via via oscillato dal riferirsi al tempo atmosferico, ai cambiamenti stagionali, a quelli globali nelle temperature.
Per molti secoli il pensiero scientifico dell’Antichità sarà interessato dalla dialettica dove si affiancano e interagiscono tra il determinismo climatico mesopotamico e anatolico – con un approccio divinatorio e propiziatorio che vede la meteorologia strumento di comunicazione e manifestazione del divino –, la razionalizzazione analitica descrittiva di quello greco che cerca regolarità e ripetitività, legami di causa effetto, la meteorologia pragmatica. Fino alla loro fusione tra 8 e 900.
Da determinante geografico immutabile, dove è il clima, non suscettibile di cambiamento, a condizionare oltre che temperature, precipitazioni e flora, anche culture e convenzioni sociali, culturali e sanitarie delle popolazioni – e fino alla lettura eminentemente politica con Jean Bodin, che collega clima, attitudini e politica della nazione – con l’affermarsi dell’innovativo concetto della sua variabilità nel tempo, sarà invece l’uomo a poterlo determinare, modificandolo. Fino all’idea di una climatologia dinamica globale (concetto del XIX e XX secolo).
Dopo essere a lungo rimaste discipline compilatorie e classificatorie, per lo più di supporto ad agricoltura, navigazione, medicina, guerra, la meteorologia e poi la climatologia, avvalendosi del puntello di equazioni matematiche e leggi fisiche e dell’istituzionalizzazione derivata da ricerche svolte da reti di rilevamento con procedure omogenee, si son fatte scienza dinamica di un clima che può mutare, verso una moderna concezione del cambiamento climatico come riscaldamento globale.
Lentini richiama così episodi di una storia anche culturale del clima, dalla rivoluzione humboldtiana, che con le isoterme, tesse i fili di una nuova attenzione tra climi e ecosistemi, all’osservazione della terza dimensione in quota dell’atmosfera, dal ruolo delle leggi della termodinamica all’influenza di geologia e glaciologia, fino alla metafora dell’atmosfera come serra (nella letteratura scientifica, dal 1907), dalla teoria del caos al ruolo degli oceani e all’utilizzo del computer per ottenere modelli climatici capaci di profilare fenomeni e fornire previsioni verificabili.
Ora, coinvolgendo anche lo studio dei pianeti del sistema solare, con l’avvio di una climatologia esoplanetaria. E intanto, quantificando con evidenza scientifica le variazioni del cambiamento climatico di origine antropica per, se e quanto possibile, mitigarle.
Gianluca Lentini, Storie del clima. Dalla Mesopotamia agli esopianeti, Hoepli Microscopi, pp. 139, € 12,90, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 42, Supplemento de Il Manifesto del 7 novembre 2021