Posture di minaccia o cerimonie di saluto, danze di corteggiamento, canti, suoni, pose, parate, messaggi olfattivi, tattili, o diramati tramite vibrazioni, molecole chimiche, impulsi elettrici. L’ininterrotto flusso di comunicazioni in cui siamo implicati combina segnali trasmessi in maniera spontanea e involontaria e altri che in una logica coevolutiva di mutuo vantaggio sono andati espressamente modellandosi per innescare reazioni e intenzionalmente interagire. Vale per tutti i viventi, tanto all’interno della stessa specie che nelle relazioni interspecifiche. Perciò studiare la comunicazione animale contribuisce a restituirci anche un diverso nuovo punto di vista sull’evoluzione.
Attorno a questo tema ripercorre i passaggi salienti, le domande e le correzioni di rotta di una scienza tutto sommato recente come l’etologia, la naturalista Francesca Buoninconti, divulgatrice e voce nota anche dai microfoni di Radio3scienza nel suo Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali, Codice Edizioni, pp. 384, € 24,00, con le illustrazioni a corredo di Federico Gemma.
Dall’impiego di segnali chimici (la prima forma di messaggistica) in forma di odori molesti e profumi, per stabilire gerarchie e marcare un territorio, lasciare tracce per non perdersi durante una migrazione (come per gli gnu striati) o ribadire un rango sociale, intercettare un compagno o scampare a un predatore, si trascorre così – nell’estrema variabilità di funzioni e soluzioni, che volta a volta sconta i diversi preadattamenti (organi e apparati trasmissivi e ricettivi) e gli habitat in cui si vive – ai messaggi visivi del proiettare rituali ipnotici di corteggiamento (per calamari e seppie) o livree minacciose, e – anche per sottrazione – del rendersi invisibili ai predatori tramite il camouflage (dei polpi). Fino alle danze di uccelli (come quelli del paradiso), vere e proprie coreografie con pose, figure e varianti, elementi e sequenze di rituali di corteggiamento o segnali per tenersi in contatto e sincronizzare le svolte di uno stormo in volo, o ancora di allarme per difendere confini, rafforzare relazioni.
Indicatori spesso associati, correlando modalità diverse, come contatto visivo e dimensione acustica, e che in contesti diversi possono magari assumere significati diversi, ma sempre esito, ripetuto e affinato, di un processo di ritualizzazione che si cristallizza in un codice univoco, che nel meccanismo di apprendimento per imitazione e esperienza sociale (memorizzando prove e errori), nella comunicazione tra genitori e prole assicura la trasmissione tra generazioni. Non dimenticando che, pur nella sua ricchezza, in una economia di costi e benefici la parsimonia della comunicazione animale si basa sul mutuo vantaggio e presuppone un principio di onestà. E quindi l’affidabilità del segnale. Con le immancabili eccezioni di quelli ingannevoli e appositamente manipolati, di chi mente o finge d’esser chi non è. Come le specie imitatrici (il tordo di Lawrence) capaci di riprodurre il canto di oltre 50 altre specie di uccelli.
Francesca Buoninconti, Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali, Codice Edizioni, pp. 384, € 24,00, con le illustrazioni di Federico Gemma, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 46, Supplemento de Il Manifesto del 5 dicembre 2021