Mazzolai. Robot ispirati dalle piante

Nell’attenta osservazione che da sempre destiniamo all’infinita varietà di soluzioni che la natura mette in atto per adattare la vita ai più diversi contesti c’è uno sguardo nuovo che da qualche tempo riserviamo al vivente, incrinando l’altrimenti inossidabile assunto antropocentrico che ci vuole misura di tutto. Uno sguardo che procede per differenza e ha per soggetto privilegiato quel mondo vegetale che nella sua irriducibile alterità ha basato il suo successo evolutivo su fondamenti biologici totalmente diversi rispetto a quelli del mondo animale.

Un ulteriore punto di vista si produce poi, andando oltre il gioco dell’analogia, che ci vede guardare volta a volta alla capacità dinamica di volo orizzontale di alcuni semi con le estremità flesse verso l’alto a suggerirci esempi per velivoli come il monoplano, o alle proprietà idrofobiche del fiore del loto da replicare nei più diversi ambiti. Se, in una logica imitativa, si intende comprendere il funzionamento dei meccanismi del vivente per trasporli in sistemi non biologici. Se si osservano e studiano cioè gli esseri viventi e le loro interazioni per progettare e realizzare macchine e sistemi bioispirati. In particolare robot – come già quelli animaloidi e umanoidi – esemplati sui meccanismi di funzionamento delle piante.

È di questa rivoluzione dello sguardo che ci racconta Barbara Mazzolai nel suo La natura geniale, Come e perché le piante cambieranno (e salveranno) il pianeta, Longanesi, pp. 192, € 18.00.

Direttrice del Centro di micro-biorobotica dell’Istituto italiano di tecnologia di Pontedera, la Mazzolai ripercorre la vicenda, ricca di implicazioni tecniche come pure etiche, del modo in cui i robot son stati chiamati a operare al di fuori delle fabbriche, in ambienti e contesti mutevoli, meno prevedibili, tra nuove tecnologie di comunicazione, reti, intelligenza artificiale. In forme prototipali ma, in prospettiva, dalle molte applicazioni, come strumento e al tempo stesso piattaforma di studio.

Nell’analisi dei diversi gradi di imitazione del modello biologico, sulla traccia del concetto chiave di biomimetica, si procede illustrando, oltre i robot che si rifanno al regno animale, l’intuizione recente che prende come riferimento le piante per svilupparne una nuova tipologia, in grado di reagire e adattarsi ad ambienti che cambiano dinamicamente. Quindi non più un elemento predefinito, ma una forma in grado di evolversi e mutare proprio sulla base del modello di sviluppo vegetale del movimento attraverso la crescita continua per tutta la vita, del variare della propria rigidità regolando il contenuto di acqua nei tessuti, del comunicare senza linguaggio creando reti interconnesse con altri organismi. In particolare la rete sotterranea delle radici, sorta di intelligenza “collettiva” delle piante.

Nasce così, a partire dal 2008, il Plantoide. Robot ispirato alle radici delle piante, in grado di esplorare il suolo muovendosi attraverso la crescita e cambiando la propria morfologia in base alle priorità delle istruzioni che raccoglie nell’ambiente. Come poi invece, sulla falsariga biologica dei rampicanti, si lavora al progetto di robot adattativo GrowBot.

Sempre senza dimenticare, ci si ricorda, quel molto ancora, e di grande attualità, che resta da apprendere dalla capacità delle piante di amministrare le risorse disponibili con il minimo dispendio energetico.

Barbara Mazzolai, La natura geniale, Come e perché le piante cambieranno (e salveranno) il pianeta, Longanesi, pp. 192, € 18.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica X, 5, Supplemento de Il Manifesto del 2 febbraio 2020