Metamorfosi. Nei mondi intrecciati delle piante

Benedetta Mori Ubaldini, Landscape #1 2017, rete metallica verniciata installazione

Da sempre, nelle più diverse culture, il senso di una prossimità, quando non l’idea di un continuum, che trascorre tra vegetale e umano ha permeato cosmogonie e immaginari, convinzioni, lingue, fedi.

Evidente per come si riverbera nell’incrocio tra analogie morfologico-funzionali e caratteristiche botaniche, nonché nell’addensarsi di significati simbolici e proiezioni culturali: nel nutrito lessico condiviso tra mondo umano e piante – metafore vegetali, suggestioni onomastiche, assonanze –, gli usi culturali – nelle diverse funzioni assolte dai vegetali nel pensare il mondo, specialmente efficaci nei processi di significazione; nelle valenze simboliche delle figurazioni del mito, sotto il segno magari della metamorfosi che vede piante derivare da esseri umani – da Dafne a Ciparisso, da Mirra alle sorelle di Fetonte, specialmente donne –, o come progenitori vegetali nel filone dei racconti sugli alberi antropogonici che nutrono l’umanità primitiva.

In anni più recenti, le ultime acquisizioni della neurobiologia vegetale su un’intelligenza delle piante articolata in meccanismi complessi e modalità distintive, da combinare con letture filosofiche e antropologiche in un incrocio di discipline, dalla fisiologia alla paleoecologia, dalla bio semiotica alla fitoetica, ci rinviano una realtà del vivente ben più complessa.

A partire dalla riconsiderazione del concetto di individualità, per cui una pianta è piuttosto assimilabile a una colonia che a un individuo, di intelligenza decentrata, emerge un’ecologia che rimescola ecosistemi, una trama di connessioni e legami in divenire tra esseri, habitat e soggettività che si definiscono in un concerto di mutue relazioni. Così, ponendo l’attenzione sulle relazioni piuttosto che sulle individualità di soggetti continuamente in fieri, la conoscenza sempre maggiore della sconcertante alterità delle piante induce un radicale cambio di prospettiva. Ispirandoci una diversa attenzione al paesaggio animale e alle società dei vegetali, alla microfauna cosmopolita, alle alleanze di batteri e radici fino a lambire un’ecologia della vita che mette in crisi la distinzione tra quella organica e l’esistenza inorganica. Con l’allargarsi del riconoscimento dello statuto di soggetti anche a entità non umane, animali, fiumi, territori, suolo e lo straniante corollario al seguito di dover rimettere in questione la visione antropocentrica di cui siam permeati.

In questo contesto e tra gli esiti del lungo percorso che con fatica ci porta a ripensare l’assunto per troppo tempo imperante di un ostinato ordine gerarchico del vivente – dalla Urpflanze di Goethe alla neurobiologia di Mancuso passando per la Meravigliosa metamorfosi dei bruchi di Maria Sibylla Merian –, quel continuo divenire trasformativo cui diamo il nome di metamorfosi dilaga ben oltre l’ambito delle scienze naturali dove pure è costitutivo della vita, e, specialmente in anni recenti, si manifesta utile grimaldello nel tentativo di leggere il nostro mondo e interpretare il suo costante rimescolarsi di appartenenze sempre inattuali.

Se, dalle inafferrabili spugne alle meduse, agli animali-muschio, farfalle, salamandre, tritoni, sulla scia dell’evoluzione si procede per via di metamorfosi, è in un più generale contesto di stimoli reciproci e vicendevoli adattamenti tra fisionomie esito di inneschi e reazioni, che tutti, tanto all’interno della stessa specie che nelle relazioni interspecifiche, siamo implicati in un ininterrotto flusso di comunicazioni: impulsi elettrici, campi elettromagnetici, vibrazioni a bassa frequenza, rilascio di sostanze, messaggi olfattivi, tattili, molecole chimiche; posture di minaccia o cerimonie di saluto, danze di corteggiamento, canti, pose, parate. Cosicché, tutti, intuitivamente comprendiamo il linguaggio universale di multiforme eleganza con cui parla la natura: bellezza funzionale, esito di rapporti e strategie volta a volta messe in campo per alimentarsi, comunicare, difendersi, riprodursi, cooperare.

Maria Sibylla Merian

Nel serrato combinarsi di passi di danza della coevoluzione c’è però uno snodo imprescindibile (o particolarmente evidente ai nostri occhi). Se nel corso dei loro 470 milioni di anni di esistenza, sempre le piante si son riprodotte evolvendosi, fino a costituire più dell’80% della biomassa vivente sulla terra e determinandovi le condizioni geoclimatiche della vita, è in particolare con la rivoluzione sessuale delle angiosperme, la comparsa dei fiori sulla terra, ben prima di noi, nel cretacico, che si stringe la trama di interazioni e relazioni mutualistiche tra piante e impollinatori: uccelli e insetti, ma anche rettili, formiche, falene, pipistrelli, sapiens.

Senza che ci si possa dimenticare di altri… precedenti: enigmi viventi in collaborazione tra regni come i licheni, tra fungo e alga; i funghi stessi, entità interconnesse e insieme moltitudine, sistemi dinamici, creature queer, fino alla metà degli anni Sessanta assimilati al regno delle piante; i muschi, una sorta di reliquia delle prime piante adattate alle condizioni di vita sulla terraferma.

Son proprio le angiosperme, nel passo doppio impollinazione-fecondazione e poi dispersione dei semi, ad affinare, variandole nel tempo nel segno della specializzazione, innovative collaborazioni e strategie combinate di seduzione nei riguardi di portatori di polline e speditori di semi. Un campionario cangiante di ingaggi e ricompense sotto forma di colori, profumi, nettari sostanze narcotiche. Modulato sulle abitudini degli interlocutori e in grado di modificarle. Fino a declinare risposte adattative estremamente ricche, in termini di aumento del numero di specie e conquiste di nuovi habitat e territori. Tanto che oggi le piante da fiore costituiscono il 90% delle circa 300.000 specie vegetali presenti sulla terra.

Con la loro inesauribile varietà e complessità di strutture biologiche, la plastica capacità di adeguarsi alle più svariate condizioni ambientali, la sorprendente inventiva in termini di comportamenti riproduttivi, dall’autoimpollinazione alla clonazione, le piante concorrono a un felice combinarsi e ricombinarsi di estetica, utilità ed efficienza. Così, la geniale ricchezza di assortimento nei frutti, come il moltiplicarsi delle infinite forme dei semi o dei grani di polline – a palloncino, spiga, sferici, triangolari o ovali, polverulenti o appiccicosi, multicolori, tante quante le forme di locomozione – vanno assieme all’inafferrabile polimorfismo delle foglie: elemento pervasivo e matrici di vita, non foss’altro che per il loro saper assicurare la fotosintesi e quindi esercitare in esclusiva la capacità autotrofica, di trasformare energia in nutrimento.

“Tutto è foglia” diceva Goethe riferendosi a quel concentrato modulare di capacità plastico funzionali e alle correlate estrinsecazioni estetiche. Da quelle dell’acanto, maestose fino a ispirare i fregi dei capitelli corinzi a quelle che si srotolano delle felci, alla verticalità delle squame degli equiseti, fino agli oltre tre metri di larghezza di quelle della Gunnera manicata.

John W. Waterhouse, Apollo e Dafne

Gli alberi, poi – esseri unici e a un tempo plurali nel succedersi delle età e come esito di una sorta di colonia vegetale dove ogni parte assume forma di quasi indipendenza dalle altre, dove la corteccia stessa è un ecosistema, e che sono al centro di numerose forme di negoziazione con uccelli, pipistrelli, coleotteri, lucertole – con la loro costitutiva simultaneità di connessioni ecologiche alludono alla dimensione di un superorganismo in continuo movimento, in risonanza con gli altri protagonisti vegetali dove, sempre in equilibrio tra negoziatore, competizione, condivisione e aiuto reciproco, si opera in una dimensione collettiva, mutualmente ci si sostiene stringendo alleanze, simbiosi, scambiandosi molecole di difesa o zuccheri per via diplomatica attraverso sistemi di reti radicali.

E, proprio nel mondo nascosto delle radici, ritroviamo una delle relazioni di maggior successo in natura, le reti di micorrize (associazioni simbiotiche di funghi e radici, myko-rhiza), che influenzano la vita delle comunità vegetali epigee, consentono comunicazioni e corrispondenze tra soggetti, e, nel giogo di intrecci tra macro e microscopico, dialogano con la moltitudine di microorganismi che costituiscono il loro infinitesimale microbiota.

È su diversi fronti che – dal nostro punto di vista, ovviamente – si possono inseguire le tracce diffuse di questo concerto di relazioni tra uomini e piante. Sono presenze costanti, che accompagnano nascite, corteggiamenti, matrimoni e anniversari, fino ai riti funerari, dove le piante presidiano le nostre vite e il nostro immaginario con funzione di mediatore, simbolo, strumento rituale – e con diversi passaggi di testimone dalle più antiche credenze alle nuove religioni. Volta a volta, figurazioni mitologiche, riferimenti di aspirazioni mistiche, tradizioni esoteriche, veicolo di messaggi nei più diversi ambiti.

Incrociando botanica, espressioni artistiche, storia sociale, son tali le emergenze lessicali, letterarie, pittoriche, cinematografiche, scientifiche e d’uso, che finisce per risultarne una sorta di storia culturale sui generis.

Specialmente i fiori, rivestono un ruolo di tramite nel farsi interpreti del nostro sentire, ispiratori e catalizzatori di emozioni, valori, suggestioni – per loro, una predilezione innata, magari da ricondursi alla perfetta simmetria o alla carica di emotività positiva che ci trasmettono, anticipando la stagionale rinascita e i frutti che ne seguono. Fiori e piante figurano numerosi nelle più diverse forme espressive, dagli archetipici motivi ornamentali in architettura e, in figura, dalle miniature alle nature morte, dai preraffaelliti al pop, alle performances; ritratti su ceramiche, arazzi, monete, banconote, francobolli, protagonisti nel design, nelle sfilate di moda. Per non fare che un cenno alle loro apparizioni sulla pagina, dall’epica alla poesia, ai testi delle canzoni popolari. Fino a farsi essi stessi linguaggio. Quello figurativo, dell’illustrazione botanica nata per accompagnare e puntellare l’anelito classificatorio del 17 secolo e che finisce per precisarsi come genere, ambito a sé, linguaggio condiviso immediatamente comprensibile per un pubblico internazionale. E  quello segreto della florigrafia d’inizio 800 che a ogni emozione faceva corrispondere un fiore.

Molteplici poi, vari e incrociati gli usi come farmaci e distillati per oli e profumi, accessori per abiti e corpetti o da appuntare all’occhiello; come dono, con i fiori da taglio (250 milioni son state le rose vendute soltanto negli Stati Uniti per San Valentino nel 2018, nonostante la festa cada nel freddo febbraio); come emblemi dall’araldica al folclore, o eponimi, individuando in molte lingue diversi colori (rosa, malva, pervinca); o ancora come ingredienti in cucina dove – oltre ai capperi e ai carciofi – vengono impiegati in sciroppi o salse, in insalate o canditi; materiali per costruire oggetti o materia prima da cui estrarre derivati.

TeamLab, Floating Flower Garden. Inaugurata nell’estate 2021, l’opera del collettivo di artisti giapponese è composta da oltre 13.000 orchidee viventi

Il disseminarsi delle scie di queste relazioni reciprocamente trasformative possiamo altrimenti seguirlo sul filo dei tragitti compiuti dalle piante in nostra compagnia, risalendone le tracce per etimologie, vernacoli, derivazioni lessicali, toponimi. Oppure coglierne il riflesso nel succedersi di nuove estetiche e mode. Il fascino per l’esotico innescato dai grandi viaggi di esplorazione del Nuovo mondo – con relativi vegetali al seguito; il collezionismo botanico, dai bulbi di tulipano nel 600 alle felci, alla passione per le serre e i terrari, all’algomania vittoriana. Fino alla produzione su scala industriale di piante facilmente disponibili sul mercato al dettaglio, a un prezzo abbordabile, che invadono abitazioni e uffici, questi ultimi specialmente per merito delle donne, con il loro nutrito ingresso nel mondo del lavoro del secondo dopoguerra. E, più di recente, l’attuale, talvolta intermittente, pervasiva febbre vegetale per le piante da appartamento. Piante da lockdown – come l’ubiqua orchidea falena, la Phalaenopsis –, con la domanda che sale alle stelle e l’impazzare sui social di plant influencers di vario conio.

Questa versatile ubiquità di intersezioni che fortemente ci coinvolgono e si fanno via via più leggibili anche ai nostri occhi – pur sempre organi di senso e capacità percettive tarate su altre scale, cui fanno velo i molteplici autoinganni di una prospettiva tutta antropocentrica –, testimonia di una vicenda coevolutiva di reciprocità e correlazioni variamente intrecciate – come usiamo le piante e come ci usano (non a caso Michel Pollan suggeriva come i desideri umani facciano parte, come il nettare, della storia naturale) – avendo anche loro impiegato gli ultimi diecimila anni a escogitare modi per nutrirci, guarirci, vestirci … impressionarci. Perché è evidente che esser ritenute utili e belle costituisce per le piante un vantaggio evolutivo che ne aumenta e garantisce vitalità e diffusione.

Ed è proprio sull’onda della consapevolezza sempre maggiore di questa nuova centralità del tema della vita, e del tipo di interdipendenze che la tramano, tra spazio e potere, che anche quell’occasione privilegiata d’incontro e mediazione con il mondo vegetale che è il giardino, dopo essersi a lungo fatto interprete prevalentemente di proiezioni ideali in artificio, simbolismi, trasfigurazioni, messe in scena del potere, ci invita oggi a ripensare ciò che chiamiamo natura nei termini di una continua mescolanza di soggettività plurali in relazione. Da conoscere e ascoltare. E, nel segno dell’invenzione, da assecondare, integrando le loro multiformi esigenze ed espressioni in una dimensione progettuale.

Capace cioè di comprendere il carattere dei luoghi, intuirne i tempi di sviluppo, farsi complice della vegetazione, prefigurare il coesistere dei protagonismi del vivente e il loro ricombinarsi nel tempo e nel succedersi delle stagioni, pensare a lungo termine. E concorrendo a determinare un’estetica responsabile e anticipatrice, stretta ai temi della biodiversità, dell’uso sostenibile delle risorse, della bassa manutenzione, della scarsità, del secco, delle pratiche di restituzione.

Proiettandoci in questa foresta di relazioni che ci include, l’esperienza polisensoriale della pratica del giardino ad un tempo ci immerge nel flusso ininterrotto della metamorfosi e rende palese questo nostro partecipare come coautori. Ospite, sintesi ed espressione di queste relazioni, il giardino è anche metafora di un possibile, diverso modo di porsi in una complessiva riconsiderazione critica di fronte all’evidenza dei limiti del modello di sviluppo basato sullo sfruttamento infinito delle risorse.

E, ancora dal nostro punto di vista, nel procedere del giardino – che incrocia dimensione interiore e collettiva pratiche e temporalità, emozioni e sentimenti, incantamenti, stati d’animo e, d’altro canto, dimensione sociale, assunzione di responsabilità, condivisione, reinvenzione e riutilizzo di luoghi, progetti e interventi di rigenerazione e riappropriazione dello spazio pubblico –, la nuova prospettiva che i nostri interlocutori vegetali, animali, climatici, ci inducono ad acquisire risulta fonte ulteriore di ispirazione in vari ambiti, dalla biomimesi a nuovi paradigmi e forme di stare, assieme, al mondo. Altri con gli altri, nei termini relazionali di un mutuo determinarsi di attenzioni, mescolanze, reciprocità.
All’insegna di nuove, ricombinate familiarità.

Questo testo è apparso nella serie METAMORFOSI de Il Manifesto il 22 agosto 2024

Mettendo in relazione bruchi e farfalle – nel 17 secolo ritenuti indipendenti – una misconosciuta naturalista e intrepida esploratrice e illustratrice tedesca, Maria Sibylla Merian, ne ritrae ad acquerello con fedele precisione il ciclo di vita e gli stadi di sviluppo, raffigurandoli però nel loro contesto. Le tavole dove illustra gli esiti della sua pionieristica spedizione in Suriname, nella Meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare nutrirsi di fiori, pubblicato a 32 anni a partire dal 1679, muovono proprio dall’attrazione per una metamorfosi imprescindibile dalla fitta rete di relazioni tra specie animali e vegetali.

Bibliografia di titoli tutti recensiti sulle pagine del giornale

  • Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti 2013
  • Paco Calvo, Pianta SapiensPerché il mondo vegetale ci assomiglia più di quanto crediamo, Il Saggiatore 2023
  • Paola Bonfante, Una pianta non è un’isola. Alla scoperta di un mondo invisibile, Il Mulino 2021
  • Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, 2019 e Metamorfosi, Einaudi 2022
  • Monica Gagliano, Così parlò la pianta. Un viaggio straordinario tra scoperte scientifiche e incontri personali con le piante, Nottetempo 2023
  • Andrea Staid, Essere natura. Uno sguardo antropologico per cambiare il nostro rapporto con l’ambiente, UTET 2023
  • Wendy Williams, La vita e i segreti delle farfalle. Scienziati, ladri e collezionisti che hanno inseguito e raccontato l’insetto più bello del mondo, Aboca 2020
  • Baptiste Morizot, Sulla pista animale, Nottetempo 2021
  • Marco Di Domenico, Taccuino delle metamorfosi, Codice 2022
  • Federico Luisetti, Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale, Wetlands 2023
  • Francesca Buoninconti, Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali, Codice 2021
  • Lawrence Millman, FunghipediaMiti, leggende e segreti dei funghi, il Saggiatore 2020
  • Merlin Sheldrake, L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi, Marsilio 2020
  • Miek Zwamborn, Alghe. Un ritratto, Nottetempo 2024
  • Stephen Buchmann, La ragione dei fioriStoria, cultura, biologia di una creazione sublime, Ponte alle Grazie 2015
  • Alessandro Wagner, Fare l’amore come un’orchideaStoria e mirabilia del fiore più intelligente del mondo, Ponte alle grazie 2023
  • Johanne Anton, Come si amano le piante. Lezioni sull’amore, il sesso e il desiderio dal mondo vegetale, WUDZ 2024
  • Giardini di foglie a cura di Laura Pirovano, Libreria della natura 2021
  • Simon Morley, Non solo rose. Storia culturale di un fiore, Solferino 2023
  • Michael Pollan, Piante che cambiano la mente, Adelphi 2022
  • Dale Pendell, Pharmako/Dynamys. Piante eccitanti, pozioni e la via venefica, add 2024
  • Noel Kingsbury, La storia dei fiori e di come ci hanno cambiato la vita, L’ippocampo 2022
  • Laurent Tillon, Essere una quercia, foto di Irene Kung, Contrasto 2022
  • Molly Williams, La tua casa botanica. La strana e sensazionale storia delle piante da appartamento e tutti i segreti per prendersene cura, Aboca 2023
  • Angela Borghesi, Fior da fiore. Ritratti di essenze vegetali, con le illustrazioni di Giovanna Durì, Quodlibet 2022
  • Mino Petazzini, La poesia degli alberi Un’antologia di testi su alberi, arbusti e qualche rampicante, Sossella 2021
  • Mario Lentano, «Vissero i boschi un dì». La vita culturale degli alberi nella Roma antica, Carocci 2024
  • Illustrazione botanica, a cura di Charlotte Brooks, Royal Horticultural Society-Guido Tommasi Editore 2023
  • Guido Davico Bonino, La felicità è nel giardino. Una guida letteraria, il Saggiatore 2024
  • Rebecca Solnit,Le rose di Orwell, Ponte alle grazie 2023
  • Mirella Levi D’Ancona, La Primavera di Botticelli. Un’interpretazione botanica, Olschki 2024
  • Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, traduzione di Anna Zanetello, Edizioni Studio Tesi 2020
  • Paola Viganò, Il giardino biopolitico. Spazi, vite e transizione, Donzelli 2023
  • Luca Molinari, La meraviglia è di tuttiCorpi, città, architetture, Einaudi, 2023