Tra le molte riflessioni critiche dedicate a nuovi, consapevoli modi di vivere immersi nel sistema di relazioni con il vivente che chiamiamo natura, quelle che attingono alle pratiche ci parlano con un’efficacia davvero immediata.
E le pratiche della coltivazione dell’orto – a cavallo tra esercizio di attività concrete e vocazione meditativa, svago e fonte di integrazione alimentare, gioco, esperienza creativa e momento spesso di condivisione – condensano in sé una sorta di continuo spiazzamento, tra scoperta e apprendimento.
Dato che nel prendersi cura della terra, là dove intervengono mille variabili, non valgono tanto ricette universali quanto un’attitudine a sperimentare continuamente. Ad affinare un’attenzione che parte dall’osservazione delle erbe che spontaneamente crescono e nel corso dell’anno variano in un terreno di cui si rivelano così elemento bio-indicatore, fino alle piante poi coltivate, che devono diventare nostro alimento senza impoverire il suolo di cui sono il principale attore trasformativo.
Proprio il rispetto e l’amore per il suolo sono il fondamento delle sperimentazioni che Francesca Della Giovanpaola richiama nel suo volume di riflessioni e spunti pratici intitolato a La cura della terra. Seminare, coltivare, vivere, Mondadori, pp. 173, € 18,50.
Giornalista e poi permacultrice, da ormai oltre dieci anni ha avviato un percorso di ritorno alla terra, con relativo variar di mestiere e prospettiva, concretizzatosi nell’esperienza del Bosco di Ogigia – con un ideale richiamo nel nome all’isola della ninfa Calipso come esempio di antica foresta commestibile. Un bosco alimentare, spazio condiviso racchiuso in soli 2.500 metri quadrati, ma anche un sito internet, innesco di interventi su temi orticoli e ambientali tramite canali social, con video postati al seguito delle stagioni da questo crocevia di boschetti di alberi da frutto, viti, esperimenti ortistici, prati spontanei, linee di riforestazione.
Frutto delle tante variabili che contribuiscono a formarlo, il suolo, la sua parte superficiale di poche decine di centimetri, un sottilissimo strato in grado di sostenere la vita sulla superficie terrestre, è un organismo vivente dove interagiscono con le componenti minerali miliardi di forme di vita che abitano la terra e contemporaneamente la creano. In un processo dunque dai tempi lunghissimi dove concorrono insetti decompositori, ragni, grillotalpa, lombrichi, radici delle piante – con estensioni inimmaginabili e che si spingono fino ai 40 metri di profondità di quelle di una quercia – batteri e funghi micorrizici con la loro pervasiva rete di distribuzione di nutritivi e informazioni, e perfino i moltissimi semi immersi nel sottosuolo sempre pronti a uscire dalla quiescenza. Malgrado la conflittualità che nella coltivazione dell’orto talvolta oppone i vari protagonisti che si contendono i raccolti (le lumache, tanto per dire) quel che emerge è il rilievo imprescindibile della rete di connessioni che legano tra loro esseri viventi e ecosistemi.
Della Giovanpaola ripercorre nel volume esperienze e rinunce, tecniche e filosofie sperimentate nel Bosco di Ogigia. Dall’agricoltura naturale del microbiologo e contadino giapponese Masanobu Fukuoka, che nel suo La rivoluzione del filo di paglia mette in discussione la moderna agricoltura sostenendo che arare il terreno faccia solo danni e che soltanto non capovolgendo le zolle si rispettano le reti sotterranee della vita, all’agricoltura sinergica ispirata a Emilia Hazelip. Dalla coltivazione biointensiva che lavora sulla profondità, la condizione del suolo e il suo nutrimento, alla permacultura, ispirata a diversità e flessibilità degli ecosistemi naturali, enfatizzando le connessioni tra elementi.
Per finire alle linee di riforestazione con il metodo dell’agricoltura sintropica. Dove, nel suo caso, associare alberi da frutto, siepi miste, e vegetali in collaborazioni fruttuose – leguminose per fissare l’azoto, piante per attrarre gli impollinatori o adatte a fornire una pacciamatura nutriente, che respingono i parassiti (come tagete e nasturzio) o capaci di estrarre sostanze nutritive presenti in profondità.
Pratiche nuove che, contro l’agricoltura estrattiva, che sottrae fertilità al suolo senza restituirla, contro disboscamenti, avvelenamenti da pesticidi, cementificazione, – in Italia si consumano al secondo più di 2,2 metri quadrati di terra allo stato naturale e ogni giorno si perde terreno per 19 ettari, con incremento di superfici artificiali – assieme con l’impegno di prendersi cura del suolo e delle sue fragilità, siano in grado di individuare e sperimentare modi capaci di conservarne – o ricrearne – la fertilità.
Francesca Della Giovanpaola, La cura della terra. Seminare, coltivare, vivere, Mondadori, pp. 173, € 18,50, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 43, Supplemento de Il Manifesto del 12 novembre 2023