Nell’ambivalenza tra la fascinazione per quel che spesso ci figuriamo come l’ultimo sistema naturale intatto alle nostre latitudini e i timori atavici che il bosco suscita nel nostro immaginario, nella pratica di pur rade frequentazioni e scarsa dimestichezza, questo archetipo misura il nostro complesso rapporto con l’universo di quel continuum vegetale, animale, minerale di cui pur siamo costituiti e siamo compartecipi, sentendoci ancora troppo spesso esterni, usufruttuari.
Le istruzioni per l’uso del sottotitolo del volume che gli dedica Peter Whollenben, a lungo guardia forestale sui generis e divulgatore naturalista di successo (Il bosco. Istruzioni per l’uso, Garzanti, pp. 252, € 17,00), si pongono però a cavallo tra considerazioni operative sui sistemi forestali e parchi – che in Germania, dove fonda la sua esperienza, ma in generale in Europa, strutturano la presenza dei boschi –, con relative implicazioni etiche, e riguardose indicazioni pratiche su come frequentarli, riconoscendosene parte.
Assumono così la leggerezza di un disinvolto muoversi in coreografia le meticolose proposte cui attenersi per l’attraversamento di un ruscello, il camminare su un ripido pendio seguendo, sulla neve o sul fango, le impronte degli animali a rilevarne frequentazioni e andamento (il trotterellare, dalle orme allineate dei lupi). E, in dimensione estetica, le accortezze con cui procedere nell’imparare a distinguere il succedersi delle ore mattutine a partire dalla staffetta del canto degli uccelli, a ritmo con il cambiamento della luminosità.
O nel riconoscere le fisionomie degli alberi, in quell’esercizio demiurgico per antonomasia del nominarli, ascoltando il risalire dell’acqua nei tronchi, pompata in primavera verso gemme e foglie sotto la corteccia, impratichendosi ad apprezzarne la varietà delle posture che gli interessi di uno sfruttamento della moderna silvicoltura vorrebbero ridurre a crescita diritta, priva di torsioni e biforcature, considerando difetti inaccettabili l’assortimento di nodi, motivi a spirale, differenze di colorazione.
Dismesso per evidenti ragioni storiche ogni ideale di un bosco incontaminato, si stigmatizza come ormai da tempo si sia imposta la pratica prevalente di un bosco artificiale di sole conifere a sostituire le meno convenienti comunità di latifoglie. Un simulacro di foresta creato per la speculazione dove – dopo la diffusione delle motoseghe negli anni 50 e, con la fine degli anni 80, l’utilizzo di enormi macchine disboscatrici –, il suolo si compatta senza che possa più respirare e per tempi lunghissimi assorbire acqua e ospitare vita. Un paradossale deserto verde di monotoni filari di abeti rossi, pini, larici piantati ben al di là del loro areale di diffusione (il Nord e l’estremo Nord umido e freddo) e ad altitudini troppo basse che, complice anche il clima più secco e più caldo, presto saranno destinanti a scomparire.
Per arrivare, contro l’equivoco che lo sfruttamento delle foreste sia una forma di protezione ambientale, fino a criticare come un eccesso la gestione che finirebbe per trasformare un bosco in parco, come pure, sul filo di un rischioso ricorso al concetto di autoctono, una malintesa idea campionaria di biodiversità che concentra quante più specie possibile nello stesso posto
Tra inviti alla conduzione partecipata da parte di cittadini e comunità locali nella cura di questo bene comune, e l’evocazione a farci consapevoli di quella sorta di foresta lineare diffusa dove gli alberi ci accompagnano lungo chilometri di reti stradali e ferroviarie, attorno a centri abitati e nelle futuribili forestazioni urbane, non manca la suggestione, del diffondersi di esperienze paradossali in cui la protezione di vecchie foreste di latifoglie è passata per il loro volgersi anche in boschi funerari (affermatisi nell’Europa centrale ormai a centinaia). Luoghi di sepoltura dove, vietata ogni forma di manutenzione, presto non si possa più a distinguere il luogo in cui l’urna è stata sepolta. Salvo indicazioni discrete al piede dell’intoccabile, ormai, albero prescelto.
Peter Whollenben, Il bosco. Istruzioni per l’uso, Garzanti, pp. 252, € 17,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 30, Supplemento de Il Manifesto del primo agosto 2021