Pianerottole. Piante condivise fuori dall’uscio

Le pianerottole_Biblion_Andrea Di Salvo_Vìride_Il Manifesto.jpgNell’aspirazione che ci caratterizza come specie a tutto ordinare, rinominando il mondo per conoscerlo, una serie di appellativi trasversali individuano raggruppamenti di piante che volta a volta definiamo pioniere, quando assolvono alla funzione di avviare la vita su suoli nuovi, o invece messicole se nei campi coltivati si associano ai cereali, o ancora ruderali nel caso di quelle tipiche dei terreni aperti o dei bordi delle strade,
C’è poi, per estensione e in assonanza trasversale con le famiglie evocate dalla convenzionale catalogazione ereditata da Linneo, un’insospettata, variegata e composita consorteria di piante denominate Pianerottole, quelle che, con grande efficacia, illustrano e presidiano una dimensione botanico esistenziale degli spazi interstiziali del nostro urbano abitare caseggiati e condomini, passaggi comuni, ballatoi.

Il merito di questa inopinata messa a fuoco va a Pinuccia Ghidotti, Irene Guida e Luca Sivieri, dell’Associazione VerDiSegni, e al loro volumetto Le Pianerottole. Storie di piante all’uscio, Biblion edizioni, pp. 76, € 12.00. Dove, con illustrazioni di Maria Teresa D’Amore si leggono otto racconti – ciascuno corredato di Note botaniche semiserie – intitolati ad altrettante piante colonizzatrici di questo ridotto, spesso anonimo, universo liminare.

Il pianerottolo, spazio soggetto a un anomalo statuto condiviso, che precede la soglia del nostro e che pure sentiamo appartenerci, occasione perlopiù di transito distratto e incroci frettolosi e che tuttavia, nell’anarchico affastellarsi di contenitori e supporti, con l’affacciarsi discreto di presenze vegetali in dissonante varietà, si anima di reciprocità e attenzioni. A costituire inediti paesaggi di sfuggita, quotidianamente custoditi da sguardi en passant e piccoli rituali.

Così evocate, ecco allora le clivie dalle sfacciate fioriture, un tempo rapite al loro Sud Africa per le serre dei ricchi collezionisti da spregiudicati cacciatori di piante, o le eleganti, ispiratrici, aspidistrie che nella notte fioriscono raso terra per le lumache, il primordiale disegno dell’asparagina da accompagnamento o la camaleontica, per vocazione adattativa, modularità della zebrina pendula …

Nel loro cosmopolita assortimento, quotidianamente son lì a inventare nuovi universi in microclimi spesso avversi per luce, correnti d’aria, risaldamento, umidità, invidie e idiosincrasie di condòmini.

Differenti per tipologie, esigenze di coltivazione, geografie botaniche e universi di provenienza, si accompagnano e ci accompagnano, esito magari di ricorsivi doni di compleanno, sopravvivenze, abbandoni da precedenti inquilini, scambi, acquisti per fascinazione a prima vista.

Sono piante d’ingresso, spesso anche nel chimerico affetto, nel sistema di relazioni che con loro intratteniamo

Risalendo, chissà, memorie della nostra infanzia e riattivando sopite passioni parentali.

Relazioni che spesso originando da questo microcosmo al piano scala innescano un intrecciarsi felice di esperienze contemplative, intime storie di reciproco accudirsi, ineffabili lezioni di appartenenza al vivente.

 

Pinuccia Ghidotti, Irene Guida e Luca Sivieri, Le Pianerottole. Storie di piante all’uscio, VerDiSegni, Biblion edizioni, pp. 76, € 12.00, con illustrazioni di Maria Teresa D’Amore, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XI, 12, Supplemento de Il Manifesto del 31 marzo 2019