Con il suo lento procedere e l’ipertrofia linguistica che su scala globale la connota, l’architettura contemporanea si è spesso andata ritirando dal suo ruolo pubblico e sociale. Eppure, in un tempo sempre più spaesato, inquieto, costantemente in emergenza fino a ridursi a un fluido, eterno presente cannibalizzato da un immaginario collettivo onnivoro, il reale dei luoghi diventa centralità ancor più necessaria.
Anche dopo il superamento della divisione modernista degli spazi per funzioni è prevalso un indistinto totalitarismo di luoghi anestetizzati dove, smarrita ogni organica, anarchica, stratificata ricchezza di storie, ogni irregolare ambiguità è stata progressivamente espunta. Eppure, la qualità dello spazio resta uno dei pochi antidoti rispetto a un individualismo che rimuove la complessità del sistema di relazioni in metamorfosi continua entro cui siamo immersi.
Con sguardo eccentrico, l’architetto e curatore Luca Molinari mette ora a tema l’esigenza da parte dell’uomo sensoriale di reinventare una perduta relazione con l’anima dei luoghi, nonché il ruolo di innesco progettuale costituito dal lasciarsi sorprendere dalla presenza di luoghi involontari e anomali, disoccupati che si fanno laboratori aperti, nonché dalla bellezza dello spazio comunitario, democratico, dove riconoscere disuguaglianze e abitare il conflitto.
Procedendo per frammenti, esempi d’interventi progettuali, artistici – da quelli di Aldo van Eyck, ad Amsterdam, con un sistema di centinaia di parchi gioco come modo per ripensare la città, all’operazione di Lacaton & Vassal, che a Bordeaux anteponendo alla facciata residenziale un nuovo corpo profondo due metri, completamente aperto e trasparente, cambiano gli affacci senza spostare gli inquilini – La meraviglia è di tutti, quasi in uno sfogliar d’immagini e suggestioni, indaga la relazione tra sensi, desiderio, progetto (sottotitolo: Corpi, città, architetture). In particolare nella fertile dialettica tra sentimento della meraviglia e i grandi spazi della narrazione collettiva, i luoghi del potere, la tecnica, il nostro corpo, le nature del vivente. Ovunque, dove variamente si appalesano il potenziale di resistenza dei luoghi al continuo fluire di un consumo immediato e l’occasione d’invenzione che per una riformulazione poetica del reale implica il vuoto in attesa (Einaudi, pp.155, 14,00).
Riflettere sul senso e sul ruolo della meraviglia, nel disorientamento e nel senso di inadeguatezza prodotti dal cambiamento repentino e radicale di un punto di prospettiva, significa per Molinari integrare le nostre emozioni come strumenti di attività progettuale. Tornare a dar centralità al progetto in una dimensione critica, mobilitando nuovi interrogativi, avviando rotture di senso, decolonizzando concetti e linguaggi. E in questa presa di responsabilità politica e visionaria, dove il progetto gioca un ruolo eversivo, aperto e poetico, assume rilievo la nuova centralità, simbolica e sociale, del progetto di paesaggio.
Un approccio capace di ripensare le relazioni con la natura in una strategia postumanista di rigenerazione circolare, in grado di integrare le molteplici differenze e interazioni tra umano e altre forme viventi. E dove, tenere in conto l’impermanenza e le diverse temporalità, non soltanto umane, imparare dal caso affinando l’attenzione – anche all’arte involontaria che si produce in natura, additataci da Gilles Clément –, accogliere l’imperfetto, il residuo, lo scarto, ma anche il conflitto, son tutte attitudini che concorrono a ripensare gli spazi condivisi, riconsiderando anche la relazione tra progetto e comunità che lo abitano in una logica di condivisione.
Tra architetture sociali temporanee, inclusive, fin anche mobili, a integrare il divenire, l’eterogeneità, e attenzione agli antichi saperi climatici come all’idea di un nuovo “contratto spaziale”, occorre insomma imparare di nuovo, con meraviglia, a sentirci spiazzati, e non fuori luogo.
Luca Molinari, La meraviglia è di tutti. Corpi, città, architetture, Einaudi, pp.155, 14,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica XIII, 36, Supplemento de Il Manifesto del 24 settembre 2023