In un fecondo combinarsi di ricerca artistica e indagine paesaggistica la mostra The Ground We Have in Common – fino alla fine di giugno alle Gallerie delle Prigioni di Treviso – coltiva il tema della sempre più ineludibile presa di consapevolezza dell’inestricabile, coevolutivo concerto di affetti che ci lega al pianeta.
Una consapevolezza attiva, di preoccupazioni e gesti che, iscrivendosi in un nuovo sistema di paritarie relazioni con il contesto biosociale, ispirano pratiche di “cura della terra”.
Curata in questo caso da Patrizia Boschiero e Nicolas Vamvouklis la mostra nasce dall’occasione del conferimento del Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino 2019, in questa sua trentesima edizione, a I giardini del tè di Dazhangshan situati nella contea di Wuyuan, nella parte nord-orientale della provincia del Jiangxi, nella Cina meridionale.
Promosso dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche, il Premio individua ogni anno luoghi e contesti “densi di valori di natura, memoria, invenzione” approfondendone le implicazioni sul piano della conoscenza, salvaguardia e valorizzazione. Con un singolare lavoro di ricerca e una proteiforme campagna di indagine, documentazione e restituzione editoriale e diffusione culturale (incontri, seminari, un volume a più voci, curato da Patrizia Boschiero, Luigi Latini e Maurizio Polillo, un documentario per la regia di Davide Gambino, ed ora una mostra).
In questo caso la coltivazione della pianta del tè (Camellia sinensis) dà forma a un paesaggio di “giardini” che fonde il disegno delle piantagioni a siepi parallele che per campi ondulati risalgono i rilievi collinari, con il tessuto di villaggi, forme associative, condotte di coltivazione secondo criteri agroecologici. In un contesto rurale di saperi, valori culturali e ecologici che restituisce senso e prospettiva armonica alla relazione con il territorio, misurandosi anche con i dictat delle logiche distributive.
Per la prima volta, sul tema centrale della cura, la mostra alla Galleria delle Prigioni affianca alla componente documentaria lo sguardo e i linguaggi di artisti contemporanei. Partendo dall’esplorazione del paesaggio deigiardini del tè di Dazhangshan, le sculture di semi e gambi di piante di Christiane Löhr, le fotografie in bianco e nero di Antonio Biasiucci, ai limiti della relazione tra persone e ambiente, il Paesaggio alle spalle per riflesso di assenze di Laura Pugno come pure la scultura sonora per travi di legno di Michele Spanghero, Listening Is Making Sense, e ancora i Falsi Frutti in cera d’api di Raffaella Spagna e Andrea Caretto, come i “respiri” delle bustine di tè dell’istallazione di Armén Rotch e Gilda RG, tutti indagano secondo diverse chiavi di lettura le manifestazioni di questo chimerico affetto che ci avvince alla terra che condividiamo. Per come variamente si declina in un intrecciarsi felice di esperienze contemplative, intime storie di mutuo accudimento, ineffabili lezioni di appartenenza al vivente.
Andrea Di Salvo da, Il Manifesto, Sabato 18 maggio 2019, Culture, p. 14