Sono davvero significative nei risultati pratici le implicazioni teorico metodologiche dell’aver voluto intitolare questo testo, e il lavoro di ricerca che lo presuppone, al genere del Manuale : “dicesi per libro che ristrettamente contenga per guida ed istruzione dei pratici i precetti essenziali di qualche dottrina o arte, quasi a significare che se ne dee far uso frequente e averlo spesso a mano”. In questo caso, con sottotitolo esplicativo Per la cura dei luoghi storici e archeologici nel Mediterraneo, si tratta però di un Manuale di coltivazione pratica e poetica (Il Poligrafo editore, pp. 312, € 25.00). Pensato da parte dei curatori, i paesaggisti Luigi Latini e Tessa Matteini, con l’intenzione di incrociare saperi teorici sulla pratica del giardino e esperienze ispirate ad una attitudine progettuale che , in una circolarità interattiva, di quei saperi si nutre, alimentandoli. Un riferimento alle pratiche nel senso del sapere incorporato nel saper fare, quello del coltivatore, del giardiniere, del paesaggista. Che è anche un farsi di soggettività, protagoniste di produzione di linguaggi e strumenti di riflessione e lavoro.
Con una messa a fuoco di uno specifico mediterraneo che non separa funzione produttiva e dimensione del piacere, l’architettura del volume restituisce questo ibridarsi reciproco di pratiche e teorie. A partire da una serie di scritti teorici sulla pratica del giardino, trattati, manuali, appunti, corredati di schemi compositivi e esempi di casi documentazione varia, dalla fase compositiva ai dettagli esecutivi , la prima parte del libro interroga l’opera di autori rappresentativi di snodi del farsi della riflessione sul giardino e il paesaggio. Tra gli altri, dalla seconda metà del 500 – quando l’arte dei giardini si struttura nel centro Italia – l’opera di Agostino del Riccio dove si va precisando la dialettica tra spazi formali del Domestico e quelli boscosi del Selvatico; il trattato d’inizio 700 di Antoine-Joseph Dezallier d’Argenville, a cavallo tra giardino classico francese e incalzare dall’Inghilterra della moda paesaggistica; la visione operativa dell’ambasciatore di quest’ultima moda in Italia, Francesco Bettini, con i suoi Manoscritti sull’arte del giardinaggio e la combinazione – tipicamente mediterrarenea – tra ornamento e produzione; gli Scritti sulla flora delle rovine di Giacomo Boni, e via fino al 900 della cura del paesaggio “latino” del catalano Nicolás María Rubió y Tudurí e dei quaderni inediti del giovane Pietro Porcinai, per un mancato manuale sui piccoli giardini da intendersi come “cosa seria”, peraltro poi sviluppata anche su Domus dal 1937.
Viceversa, nella sezione la misura del fare, una serie di riflessioni su funzioni costitutive, categorie di progetto e, assieme, pratiche espresse dal giardino al paesaggio, incedono in progressione poetica: Rivoltare la terra, Governare le acque, Seminare e piantare, Sconfinare, Osservare il tempo. Mentre sette esercizi di coltivazione illustrano le forme della cura di ambiti storici fortemente figurati, un bosco, un frutteto o una vigna, un giardino, una rovina, un orto, un prato; fino all’analisi di un caso di studio dove l’attitudine progettuale si confronta con il connotato archeologico del luogo.
Insomma, se la coltivazione implica premura, rispetto, fin riverenza, e il culto non è altro che la cura, una sensibilità attiva rivolta ad amministrare progettualmente le risorse date, la coltivazione sarà per forza assieme pratica e poetica. Nel senso che riflette e si pone sul terreno dell’agire poetico, la poiesis.
Manuale di coltivazione pratica e poetica. Per la cura dei luoghi storici e archeologici nel Mediterraneo, a cura di Luigi Latini e Tessa Matteini, Il Poligrafo editore, pp. 312, € 25.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VIII, 11, Supplemento de Il Manifesto del primo aprile 2018.