Quale filo riconnette l’ambito pasticciero del gâteau magique con l’animismo del giardino cosmologico di Quai Branly del teorico del paesaggio Terzo, Gilles Clément? Cosa collega i biscotti di pan di zenzero con i trasparenti Giardini di vetro, composizioni con funzione centrotavola realizzati in tutti i dettagli dagli artigiani di Murano per i banchetti della Serenissima e di nuovo poi in ambito art déco? E come si finisce, partendo dai paesaggi tunisini degli acquarelli di Paul Klee, e dalle sue scacchiere di colore, via costruttivismo sovietico, passando per la spirale della Torre di Tatlin per la Terza Internazionale, per arrivare ad una multipiano torta Madeira? O, ancora, per quali sentieri può condurci la storia di variazioni e interpretazioni di un dolce nomade come la Baklava dove la forma del taglio in cubetti che esige evoca i tanti giardini a quadretti, da quelli di Mirei Shigemori nel Tempio Tofuku-ji a Kyoto, fino a Tatao Ando? … Per saperlo non resta che assaggiare il pindarico, pantagruelico libro di Monica Sgandurra, Cakegarden, dove l’autrice ci accompagna, sorprendendoci a ogni svolta di pagina, e di foto, nelle sue Esplorazioni tra dolci e giardini (Deriveapprodi, pp. 159, € 15.00).
Architetto paesaggista – in endiadi raramente felice come in questo caso –, che si distribuisce tra interessi e passioni diverse (oltre al giardino, il disegno, la fotografia … l’arte pasticciera, o per meglio dire il cake design), Sgandurra manda qui a braccetto dolci e giardini, ibridandone continuamente i retroterra, gli immaginari, i linguaggi, le memorie che essi evocano.
È un libro che nasce dapprima sul web, con il blog di successo cakegardenproject, per poi diventare altro, attraverso un originale lavoro di ripensamento, approfondimento e riarticolazione. Dodici apologhi con molte morali, perché è un libro aperto, centrifugo. Un libro che accostando polarità diverse accende scintille di curiosità; che in parte soddisfa, in parte ci invita a inseguire fuori di sé , innescando un’attitudine di attiva partecipazione creativa .
Nella misura breve del racconto, l’autrice via via dispone sul tavolo gli elementi della storia, gli “ingredienti” culinari e giardineschi, ciascuno nel proprio ambito (giardini intesi e praticati , suggestioni di incontri di viaggio, snodi di storia della pasticceria, opere di land art, memorie culinarie, …); quindi procede instaurando tra loro relazioni. Poi, improvvisamente, come nel farsi di un dolce che si rispetti, ecco che il tutto prende forma: una sua autonoma, inedita, forma .
L’architetto, il pasticciere – quelli almeno alla Monica Sgandurra – condividono come fulcro del loro agire la dimensione progettuale. Ideazione e processo realizzativo come norma che prevede tuttavia sempre lo svisare, la sperimentazione . Con un occhio di riguardo all’osare del giardino contemporaneo, cui la Sgandurra dedica un’attenzione particolare .
Ecco, con il suo continuo innesco di interazioni tra estetica del giardino e arte della pasticceria , questo libro funziona come un lievito che amplifica il piacere dei sensi e moltiplica i sensi delle cose trattate, incernierando tra loro due lussi “essenziali”, come scrive Franco Zagari nella sua impertinente, quanto mai pertinente prefazione.
Monica Sgandurra, Cakegarden. Esplorazioni tra dolci e giardini, prefazione Franco Zagari, Deriveapprodi, pp. 159, € 15.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica V, 39, Supplemento de Il Manifesto del 4 ottobre 2015