Anche una semplice panchina, al di là del suo essere supporto alla sosta, può rivelarsi occasione e tramite di molteplici funzioni. Indicare, rammemorare, ma anche organizzare la scansione di un percorso, inquadrare lo spazio della vista, controllarne e fissarne in un atto dalla forte valenza politica significati e gerarchie; farsi ospite e innesco di nuove modalità immaginative del soggetto; teatro di incontri, dinamiche relazionali. Risultando, al contempo, sia soggetto concreto, congegno a partire dal quale tutto ciò accade, sia oggetto rappresentato, che tutto ciò simbolizza, a più riprese e diversamente ripreso nella produzione artistica, in un’evidente trama di intrecci e rinvii. Entro questo andirivieni muove Michael Jakob perseguendo una sua peripatetica fenomenologia Sulla panchina. Percorsi dello sguardo nei giardini e nell’arte (Einaudi, pp. 263, € 28,00) , con oltre 150 illustrazioni nel testo.
E parte, per sovente tornarvi, dallo snodo centrale del giardino all’inglese in terra di Francia di Ermenonville. Realizzato ispirandosi all’estetica pittoresca d’oltremanica dal marchese de Girardin che, a complemento del suo testo Sulla composizione dei paesaggi, di quel giardino scriverà poi, nel genere della descrizione del giardino, il suo vademecum nella Passeggiata o itinerario nei giardini di Ermenonville (1788). Qui, suggerisce Jakob, la descrizione delle panchine è affiancata da incisioni che ritraggono le viste che via via esse inducono e conferma tutto il rilievo che assume allora l’arte di disporre le panchine, il valore distintivo delle loro denominazioni, quello emblematico delle iscrizioni che recano, il ritmo delle stazioni di un circuito che esse scandiscono, e l’incremento delle visuali suggerite, nella loro dimensione estetica e in quella normativa, del porre attenzione, secondo le intenzioni dell’ideatore del giardino. Ma con uno spazio di possibilità dialettica – che passa proprio attraverso la passeggiata e la moltiplicazione delle prospettive – di immaginare nel visitatore varianti individuali, sentimenti, reazioni emotive nell’esperienza del giardino, pur sempre attivate per il tramite pre-costituito del focalizzatore panchina. Così, momento culmine della visita “guidata” al giardino, la Panca delle madri di famiglia posta di fronte all’Isola dei pioppi che ospita la tomba di Rousseau, che a Ermenonville aveva concluso la sua vita, sarà anche “dispositivo sentimentale, macchina per piangere”. Meccanismo attrattore, a maggior ragione dopo che verranno impediti l’accesso all’isola e il rituale della traversata del lago, e che perdura persino di fronte a una tomba ormai vuota dopo il trasferimento del feretro al Pantheon nel 1794. Complici anche una serie di narrazioni, testi, illustrazioni che trasmettono, divulgano, fissano idealmente, fino alla manipolazione, quella scena da quella panchina.
Il catalogo di raffigurazioni della panchina in letteratura e in pittura che incrocia Jakob spazia da quella della Nausea di Sartre o del controllo totale di Tarda estate di Adalbert Stifter (1857) a quella rococò nel dipinto di Thomas Gainsborough dei proprietari Coniugi Andrews, dalla panchina-evasione a quella testamento, vuota, dell’assenza, di un Manet confinato in giardino e evocato soltanto dal suo cappello giallo appeso alla spalliera, da quella, deformata nel dolore, dell’Ospedale di Saint-Paul di Van Gogh a quella ghigliottina del soggetto e del desiderio, a quella fotografata come fondale per il Lenin degli ultimi anni, a Gorki, icona molteplicemente riprodotta, personificazione del potere sovietico, che torna come motivo ricorrente anche del film celebrativo Tre canti su Lenin di Dziga Vertov; fino alla panchina macchina per mostrare la non-comunicazione della sequenza finale de L’avventura di Michelangelo Antonioni. Mentre intanto, delle panchine reali vengono rintracciate premesse e sviluppi: dalle “panche di via” dei rinascimentali palazzi pubblici toscani, soglia di uno spazio che si fa pubblico in funzione di rappresentazione politica; alle declinazioni amplificate, “democratiche”, della iperpanca continua, lunga oltre 400 metri, inaugurata nel 1781 sul Real Passeggio del litorale di Chiaia. E se un ruolo fondativo per la panchina “impegnata” viene riconosciuto alla panca-tomba di Mamia, panca semircolare, a esedra, ritrovata a Pompei a cavallo della metà del 700, la cui vista stereoscopica celebra Goethe “al di sopra della spalliera …”, tra gli sviluppi dell’arte della panca rientra pur certo anche quell’architettura a serpentina rivestita in frammenti di maiolica realizzata da Gaudì nella panca parapetto che delimita la panoramica piazza del mercato del Parco Güell a Barcellona.
Michael Jakob, Sulla panchina. Percorsi dello sguardo nei giardini e nell’arte, Einaudi, pp. 263, € 28,00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica IV, 15, Supplemento de Il Manifesto del 13 aprile 2014