Come in una sorta di coreografia che sulla pelle del pianeta insegue e anticipa l’idea che la ispira, le pratiche di “cura della terra” che coltivano di preoccupazioni e gesti l’esile cotico del nostro suolo tradiscono e rivendicano l’esigenza profonda di un nuovo modello per la vita a venire – sociale sì e pure esistenziale, estetico –, l’humus che in tanti ambiti matura di un’etica nuova, ecologicamente fatta di consapevoli, paritarie relazioni con il contesto biosociale che ci permea, tanto da farsi nuova condizione culturale, mondopaesaggio.
Indagano le molte facce e tracce originali di questa attitudine mentale, le molte sue applicazioni nel mutato contesto di dilagante globalizzazione, i contributi, pure diversi nel taglio, raccolti ora nel volume Curare la terra. Luoghi, pratiche, esperienze, a cura di Patrizia Boschiero, Luigi Latini, Simonetta Zanon, euro € 22,00 pp. 225, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Antiga Edizioni.
Imprescindibile si segnala l’apertura di attenzione, lo sguardo ricognitivo che, con Giuseppe Barbera, Lo studio e la cura dei luoghi induce, capace di ricondurre a sistema quanto riduzionisticamente scomposto; mentre l’analisi delle diverse fasi de Il fenomeno neorurale proposta dal geografo Joan Nogué evidenzia l’emergere di nuove forme di territorialità dove proprio nelle relazioni con i luoghi si misurano discontinuità, attitudini e approcci radicalmente critici rispetto al modo di produzione dominante basato sul profitto e lo sfruttamento senza limiti delle risorse.
Torna in diversi interventi il dibattito sullo spazio come bene comune – tra tutti, Massimo Venturi Ferriolo con Curare la terra ovvero la cultura del bene comune –, il tema del paesaggio come “comune”, dimensione di cui siamo costitutivamente, relazionalmente partecipi.
E sulla via di una condizione umana che nella cura si faccia nuova saggezza, confrontati come siamo con la cesura planetaria di una nuova era geologica dove tutto è a noi imputabile, quella dell’Antropocene, Hervé Brunon rilegge fonti e materiali inserendo poi le sue riflessioni in un contesto teorico di rifondazione dell’etica dell’ambiente, per proseguire – via Arendt, Foucault, i paradossi di Harrison e le lenti dell’antropologia più avvertita –, fin dal climax del suo Prendersi cura: giardino, vita activa, saggezza, in “quella che si potrebbe definire un’ermeneutica del giardiniere”.
Mentre, rivendicando all’architettura del paesaggio la dimensione di “pratica estetica con finalità sociali”, Anna Lambertini ricorre all’idea de Il dono come paradigma del progetto per i paesaggi ordinari, per esplorare dinamiche di tipo orizzontale che tramano spazi reali e dimensioni esistenziali, volta a volta occasioni di conflitto come pure di sperimentazioni di linguaggi in cambiamento e temporalità inconsuete, dinamiche partecipative, pluralità di estetiche.
Una serie di finestre oltre l’Europa dicono della varietà di altre pratiche che assieme traducono attitudini mentali nel senso della cura dei luoghi: una per tutte, con Giovanni Fontana Antonelli, la complessità della resa, non solo linguistica, in un’esperienza in atto, dell’Evoluzione del concetto di paesaggio nel contesto palestinese.
Curare la terra. Luoghi, pratiche, esperienze, a cura di Patrizia Boschiero, Luigi Latini, Simonetta Zanon, euro € 22,00 pp. 225, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Antiga Edizioni, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VII, 40, Supplemento de Il Manifesto del 15 ottobre 2017