La serie di ‘ritratti’ su tela in lunetta delle ville medicee – e, indissolubilmente, dei loro giardini –, che il granduca Ferdinando I commissiona nel 1599 per decorare la villa di Artimino, si colloca saldamente a cavaliere tra intervento celebrativo e corografica intenzione documentaria.
Ciascuna veduta restituisce a colpo d’occhio, secondo una prospettiva a volo d’uccello ma con credibilità topografica, la fisionomia delle diverse proprietà di famiglia – quelle più rappresentative del prestigio dinastico e della presa sul territorio – e tutte assieme incorniciano la politica ferdinandea di riordinamento e governo di luoghi e attività, dalla disseminazione di monumenti pubblici al sostegno ai santuari mariani riformati, dalle opere di bonifica al sostegno dell’indagine scientifica e delle accademie, dal collezionismo alle arti applicate.
La vicenda delle lunette, destinate a decorare la sala maggiore della villa, detta anche La Ferdinanda, e solitamente attribuite al pittore fiammingo Giusto Utens, viene ora indagata nella sua genesi e evoluzione – con le battute d’arresto, le diverse riprese, la dispersione, le perdite, fino alla ricollocazione, dopo il restauro, nell’altra villa medicea, La Petraia (Villa Artimino è ora privata) – da una pubblicazione a cura di Cristina Acidini e Alessandra Griffo che mette l’accento su L’immagine dei giardini e delle ville medicee. Nelle lunette attribuite a Giusto Utens, Edizioni Polistampa pp. 168, € 30.00. Con un ricco apparato di tavole d’insieme e di dettaglio e un regesto documentario con materiali inediti e indicazioni puntuali sugli interventi di restauro.
Lo stretto rapporto con il territorio e in particolare con il paesaggio agrario che caratterizza il sistema delle ville medicee si riverbera nei loro giardini in gradazioni diverse. Specialmente avvertito in quelli più antichi, di Trebbio e Cafaggiolo, dove si conservano origini utilitarie e esigenze produttive, negli elementi di ordine e regolarità e nel complessivo tessuto di relazioni tra le parti, mutuati dall’esperienza di governo dello spazio agrario fino a assumere valenza ornamentale. Mentre nelle ville più tarde prevale l’intenzione celebrativa e la dimensione dello svago. Finché non sarà il giardino a mediare tra architettura e paesaggio, tra loggiato e panorama, come a Fiesole e a Poggio a Caiano, o intervenendo a ben diversa scala sulla natura stessa, come a Castello e al Belveder con Pitti, tra funzione allegorico celebrativa e ragnaie di caccia, o nel sistema delle acque dello stravagante Pratolino, rifugio per Francesco I a opera del Buontalenti.
Per quanto nelle differenze e stratificazioni, il complesso delle lunette si presenta con un suo forte carattere unitario, come una serie che, oltre la complessiva impaginazione di cartigli e cornici nere e oro, sintetizza abilità paesaggistica e approccio scientifico al sapere cartografico, discostandosi dai precedenti apparati figurativi dei possedimenti farnesiani e dalle allegorie territoriali della tradizione del vedutismo fiorentino e mediceo.
Strumento di celebrazione, senza tutto voler piegare alle intenzioni e ai significati simbolici e politici della committenza, la serie restituisce, pur nella correzione di molte realtà con elementi di simmetria, una sua veridicità nella corrispondenza tra fonti coeve e dettagli rappresentati dalle vedute corografiche. In particolare, su alcune tematiche di storia del giardino, dal più ampio ventaglio della vegetazione arborea a foglia caduca, alle strutture vegetali destinate alla caccia, dalle scene di gioco ai giardini di fiori, fino al protagonismo (almeno in alcune lunette) del paesaggio e del sistema delle coltivazioni agrarie.
L’immagine dei giardini e delle ville medicee. Nelle lunette attribuite a Giusto Utens, a cura di Cristina Acidini e Alessandra Griffo, Edizioni Polistampa pp. 168, € 30.00, recensito da Andrea Di Salvo su Alias della Domenica VII, 21, Supplemento de Il Manifesto del 20 maggio 2017